The Trebbianos – Degustazione di 5 Trebbiani toscanissimi!

Figura 1 – I 5 Trebbiano toscano bevuti durante il pranzo.

Qualche anno fa, da buon campanilista, ho intrapreso un viaggio alla scoperta del Trebbiano Toscano, poichè in esso riconoscevo un potenziale altissimo, che sembrava difficile da immaginare, dato quanto era stato snobbato in passato. Negli anni ’70 del ‘900, in Italia, era coltivato su più di 55 mila ettari, ed essendo molto vigoroso, con la buccia resistente ed assai produttivo, veniva impiegato per fare quantità piuttosto che qualità. Proprio per questo durante i successivi anni ’90, epoca dell’emancipazione vinicola italiana, ha subito una forte riduzione, per effetto di reinnesti con vitigni transalpini o di più definitive estirpazioni. La Toscana, che da il nome a questo biotipo del Trebbiano, lo ha sempre riconosciuto come gregario, solitamente per alleggerire i vini rossi, tranne che nel caso della produzione del Vin Santo, dove però il lungo affinamento ossidativo ne plasmava totalmente il carattere iniziale. Erano infatti i contadini, o mezzadri, che riuscivano maggiormente a nobilitare le sfaccettature inizialmente neutre del Trebbiano. Con la fine della mezzadria, le vinificazioni “un po’ naif” sparirono, e con esse anche il suo fascino. Esso si trovò spogliato ed eccessivamente svilito da vendemmie precoci, vinificazioni rapide (senza contatto con le bucce) e troppo rapidi imbottigliamenti. I vini che nacquero erano spesso scialbi, scolorati, con toni acerbi e privi di ogni possibile emozione, fattori che spinsero molti viticoltori a rimpiazzare il Trebbiano con vitigni rossi, ricchi di personalità e molto più richiesti dal mercato globale. Oggi, in Toscana, si trovano poco più di 3.000 ettari di Trebbiano, ma a differenza di 10-15 anni fa, sono molti i produttori che hanno deciso di recuperare alcune pratiche, a mio avviso, fondamentali per riscattare la nobiltà di quest’uva. Quali sono? Beh, innanzitutto l’epoca di vendemmia, che per dar carattere al Trebbiano dovrebbe essere svolta dopo quella del Sangiovese, quando i chicci cominciano a diventare quasi dorati. Successivamente, in cantina, la pratica più importante per donargli struttura e avvolgenza aromatica, risulta essere la macerazione sulle bucce, meglio se non troppo prolungata, se si vuole evitare di caratterizzare eccessivamente il vino con lo stile enologico. Un’altra pratica importante è il batonnage, che dona grassezza ed allena il Trebbiano a divenire un campione di volume e di gusto. Per ultima quella dell’affinamento, che sia in acciaio, cemento, legno o in anfora, l’importante è non avere fretta nel metterlo in commercio, perchè il Trebbiano si rivela essere un’uva borghese, che più la si aspetta e più migliora. Dedico un ultimo capitolo al discorso sull’acidità, che non è una caratteristica fondante di quest’uva, soprattutto se si cerca la sua maturità fenolica, ma che può essere trattenuta attraverso ingegnose pratiche, come la conservazione dell’acido malico (evitando di far svolgere la fermentazione malolattica) o cercando una vibrazione con tocchi di acidità acetica, a patto che rimangano intorno agli 0,6-1 grammi per litro.

Durante il mio errare per territori e cantine mi sono imbattuto in molteplici versioni, complesse, sfaccettate e con un richiamo all’originale modus operandi dei vecchi produttori di Trebbiano. Tutte guidate da sentori ricorrenti, quali le note di erbe aromatiche (fresche o secche a seconda dell’epoca di vendemmia), quelle di fiori gialli (come la ginestra o la mimosa) e le note fruttate, che vanno dalla susina gialla, all’albicocca matura e sino alle nuance tropicali dell’ananas. Un ensemble che caratterizza i vini e che rende il Trebbiano un’uva decisamente propensa al lungo affinamento in bottiglia.

A seguito di un delizioso pranzo con (Ciro Beligni, Erika Martelli e Luca Cai) ho sentito il bisogno di raccontare le differenze emerse dalla degustazione (alla cieca) di 5 Trebbiani toscani che rappresentano alcune delle migliori, e più identitarie, versioni del mio tanto amato vitigno a bacca bianca…

A voi le mie riflessioni…

LA DEGUSTAZIONE

Figura 2 – Bottiglia di Toscana Bianco IGT “Trebbiano” 2019 di Capezzana.

Toscana Bianco IGT “Trebbiano” 2019
100% Trebbiano Toscano facente parte di una selezione massale delle vecchie vigne aziendali coltivate, a Carmignano, tra i 100 e 150 metri di altitudine. Il terreno è di base argilloso con molta presenza di scheletro di varia natura. Viene vinificato tra acciaio e legni medio-piccoli, con una permanenza di circa 6-8 mesi sulle fecce fini durante il periodo di affinamento, con svolgimento di batonnage.
Prodotto per la prima volta nel 2000, si presenta di un colore giallo paglierino intenso che tende verso il dorato. Ha una media consistenza e sa di agrumi, susine gialle, origano fresco e rievoca la balsamicità della menta piperita. Il sorso è incentrato intorno alla tensione acida, che punge sul centro bocca, e poi lascia spazio ad uno sviluppo aromatico che ricorda le mandorle pelate. La persistenza è medio-lunga, e mantiene fede alla sua proverbiale capacità di lungo invecchiamento.
Risulta essere il più austero tra i vini degustati, la sua natura da vino di lungo passo lo rende ancora molto incentrato sulle parti nervose degli aromi e dell’impalcatura tattile del sorso, devo porre l’accento sul pregevolissimo lavoro svolto nel rendere il legno un contenitore quasi neutro, che lascia il Trebbiano libero di esprimersi, sarà un’icona!

Figura 3 – Bottiglia di Toscana Bianco IGT “In Albis” 2016 di Frascole.

Toscana Bianco IGT “In Albis” 2016
100% Trebbiano Toscano recuperato da una selezione massale operata dalla famiglia Lippi. Le vigne sono esposte a Nord/Nord-Est nel versante opposto alla cantina di Dicomano, che guarda verso San Godenzo ed il monte Falterona. L’altitudine è di circa 200 metri s.l.m. ed il terreno è composto da le argille di Vicchio alternate alle arenarie del Pratomagno. In cantina il vino fermenta con le bucce in cemento per circa 48 ore, dove poi matura per altri 2 anni prima di venire imbottigliato.
Prodotto in soli 3.000 esemplari, si presenta di un giallo dorato carico e sinuoso, che preannuncia la sua raffinatezza. I profumi partono con un tono di albicocca matura, e poi si snelliscono su rimandi di maggiorana secca, timo ed incenso il tutto avvolto da un ricordo di tisana della buona notte. Il sorso è perfetto, in totale equilibrio tra la freschezza, l’avvolgenza aromatica e la giusta grassezza data dalla fermentazione con le bucce. Chiude lunghissimo, sapido e territoriale, un vero esempio di sapiente genus loci.
In Albis, dal latino “in bianco” è il Trebbiano più convincente, poichè accomuna tutte le caratteristiche migliori del vitigno e dimostra una mano delicatissima del vinificatore. Lascia percepire anche il proprio territorio, attraverso la freschezza e l’innata salinità. Uno dei vini bianchi più splendenti di tutta Italia!

Figura 4 – Bottiglia di Toscana Bianco IGT “Acone” 2019 di Bernardo Conticelli, Ciro Beligni e Paolo Marchionni.

Toscana Bianco IGT “Acone” 2019
100% Trebbiano Toscano, allevato ad Acone, a metà collina del Montegiovi, su terreno molto roccioso, composto prevalentemente da galestro a circa 550 metri di altitudine. Le vigne sono molto vecchie e vengono esaltate in cantina attraverso una macerazione di circa 4 giorni all’interno di tini di cemento, dove vi matura il 90% della massa. Il restante 10% matura in barriques esauste, e poi sosta per qualche mese in bottiglia.
Prodotto per la prima volta nel 2020, con il millesimo 2018, si presenta di un giallo dorato carico e vispo. I profumi sono un rincorrersi di chiare note di perfetta maturazione delle bucce. Infatti si intercorrono toni pesca gialla, poi tarassaco e tratti più dolciastri come noccioline americane e cannella. Il sorso è avvolgente, corposo, senza però scadere in eccessi di morbidezza. La buona freschezza ritma lo scorrimento ed apre la strada ad un finale sfaccettato, che si allunga con la salinità.
Acone è un toponimo, scelto per rappresentare al meglio quanto questo vino debba prima di tutto parlare di territorio. Ha molti punti in comune con il Trebbiano di Frascole, infatti comparandoli si riesce ad evincere con semplicità che sono figli di un territorio molto simile. Buona anche la seconda per il trio Conticelli, Beligni e Marchionni, che si stanno sempre più avvicinando al Trebbiano perfetto!

Figura 5 – Bottiglia di Toscana Bianco IGT “TÏN” 2018 di Montesecondo.

Toscana Bianco IGT “T Ï N” 2018
100% Trebbiano Toscano coltivato nelle vigne de La Romola, una frazione del comune di San Casciano in Val di Pesa. Le viti, allevate ad alberello, sono a 150 metri di altitudine e poggiano su di un terreno argillo-sabbioso ricco di scheletro di origine pliocenica. Il vino fermenta con le proprie bucce in anfore di terracotta spagnola per circa 6 mesi. Viene imbottigliato dopo quasi un anno di ulteriore maturazione in terracotta.
Il Trebbiano di Silvio Messana si presenta di un giallo dorato molto carico, che accenna a lievi sfumature ambrate. Il ventaglio olfattivo rapisce per intensità e piccantezza, la pesca matura e i fiori di lantana vengono dinamizzati dai pacati toni di volatile che rendono il tutto maggiormente assemblato. Il sorso è sottilissimo, anche per via della bassissima percentuale di alcol, e si diverte a stuzzicare il cavo orale con energia e succosità. Gli spunti acidi già percepiti servono per liberare la corroboranza e per donare la persistenza alla sua sinfonica essenza.
Tutto voluto e ricercato, il T Ï N è il Trebbiano che viene caratterizzato maggiormente dalla lunga macerazione e dall’arguta ricerca di acidità di Silvio. Si veste di un carattere molto gastronomico e sembra un po’ essere un orange wine privato di struttura ed alcol etilico, è comunque un’esperienza significativa e poetica!

Figura 6 – Bottiglia di Toscana Bianco IGT “Macchia Lupaia” 2018 di Macchion dei Lupi.

Toscana Bianco IGT “Macchia Lupaia” 2018
100% Trebbiano Toscano proveniente da Suvereto. Le vigne hanno oltre anni di età si trovano nella zona pedecollinare (intorno ai 100 metri di altitudine) su terreni sciolti, composti da argille, limi e sabbie. Il vino fermenta in vasche aperte con macerazione sulle bucce per circa 2 giorni. La maturazione avviene per 8 mesi in cemento, con una parte della massa che sosta in anfore di terracotta dell’Impruneta.
Il Macchia Lupaia si presenta di un bel giallo carico, ancora non totalmente dorato. I profumi sono più “termali”, ricordano l’acqua di Sirmione, denotando una iniziale riduzione, poi si apre su toni più marittimi e mediterranei, di salsedine, buccia di cedro e tocchi balsamici di alloro e salicornia. Il sorso è più sostenuto rispetto ai precedenti, ha volume e si prodiga nel immettere tante sostanze minerali all’interno della bocca. Chiude con verve costiera, più terragna, meno raffinata, ma comunque assai piacevole.
La Val di Cornia, e in particolare Suvereto marchiano a fuoco la potenza e la stoffa di questo trebbiano, che vanta anche una filosofia produttiva di estrema sostenibilità, volta a far esprimere la franchezza delle peculiarità del territorio!

TheMarchian.

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