

Ancora una volta tra le colline del Chianti (quello originale, ça va sans dire) per continuare un percorso, necessario, di scoperta e di continuo aggiornamento sulle marcate differenze territoriali e ambientali che differenziano così tanto gli 8 comuni del Gallo Nero. Oggi, in compagnia della mia amica Paola, mi trovo a Castellina in Chianti, nella sua parte più bassa (a livello altimetrico), a sud-ovest rispetto al paese, nell’area definita come Trasqua-Lornano. Qui siamo veramente all’estremo della Denominazione, quasi frontisti di Monteriggioni, si respira (e si tocca con mano) un clima più mite ed un’orografia più dolce, modellata da sinuosi crinali che raramente arrivano a lambire i 300 metri di altitudine. I sassi e l’asprezza della parte alta del comune (dove si raggiungono quasi i 600 metri) lasciano quindi spazio a terreni più sciolti e ricchi materiale organico, dominati prevalentemente da argille, sabbie e sassi alluvionali di origine pliocenica. Queste caratteristiche morfologiche donano ai vini un’innata risolutezza, e vengono timbrati dal velluto gustativo e da profumi fruttati che velocemente esprimono nobili sfumature di cuoio e caminetto spento. Come sapete cerco principalmente attinenza al territorio e Lornano, che produce vino sin dal 1904, riesce a connettere il succo dell’uva fermentato alla sua provenienza come pochi altri.

All’interno di una splendida Tenuta, generatasi dalle basi di una villa del 15° Secolo, situata nel paese di Lornano si percepiscono il rispetto della tradizione “Sangiovesista” e tutta la passione di una famiglia,i Pozzoli, che da diverse generazioni si spende per emancipare il Chianti Classico. L’esterno dell’azienda è un luogo di certo godimento agri-turistico, immerso nel verde dei prati sconfinati e dei longevi olivi che li ricoprono, mentre l’interno è un identitario, e perfettamente conservato, esempio di antica propensione alla viticultura di qualità, come dimostrano i locali di maturazione del vino, cinti e protetti dagli sbalzi termici da suggestivi muri larghi quasi 2 metri. Il Sangiovese è il pilastro al centro del loro progetto, che viene declinato in ogni espressione di Chianti Classico (dall’annata sino alla Gran selezione) in totale purezza, mentre i vitigni internazionali (Merlot e i Cabernet) sono utilizzati per produrre IGT per un pubblico più internazionale. Un’ulteriore arma di convincimento a favore di Lornano? Ovviamente la saggia mano di Franco Bernabei (coadiuvato dal figlio Matteo) che dal 1979 (quando ideò il Bucerchiale di Selvapiana) onora e glorifica il “Sangue di Giove” o più comunemente detto “Sangio” dai suoi più fedeli adoratori.

Nella degustazione, che ha seguito la rapida visita alla cantina, ho percepito il grande rispetto per l’espressione varietale, che figlia di un ambiente mite e meno aspro, offre una declinazione di Chianti Classico veritiera e precisa, che asseconda il volere del terroir e della tradizione. Tra i vini degustati (mancava la Gran Selezione) quello che ha catturato maggiormente mia attenzione è stato il Chianti Classico Riserva “Le Bandite” 2015, un succo di estrema raffinatezza, dotato di una mirabile ricerca dell’essenza più irresistibile del Sangiovese.
LA DEGUSTAZIONE

Chianti Classico Riserva DOCG “Le Bandite” 2015
100% Sangiovese proveniente da un vigneto posto a 330 metri di altitudine ed esposto a sud/sud-est. Il terreno è prevalentemente sabbioso, con all’interno un cospicuo scheletro di sassi di origine alluvionale. Fermenta in tini d’acciaio per circa 25 giorni e successivamente matura in botti grandi e barriques per circa 20 mesi.
Pluripremiata e qualitativamente riconosciuta, questa Riserva singolo vigneto si descrive come un ideale compendio tra la delicatezza del versante ovest di Castellina e le più nobili caratteristiche aromatiche del nostro amato Sangiovese toscano.
Osservando il colore risaltano due aspetti principali: la vividezza (segno di una gustosa tensione gustativa) e la giusta semi-trasparenza del suo rosso rubino acceso. I profumi di menta, cuoio, cioccolato fondente e chiodi di garofano si intrecciano intorno ad un pilastro fatto di frutto rosso, in particolare la ciliegia, che dopo qualche istante lascia spazio alle sensazioni di buccia d’arancia essiccata. Il sorso è succoso, sospinto da un corpo lineare, centralizzato dall’azione dei tannini fruttati e dall’accennata acidità, che sveltisce il sorso senza renderlo eccessivamente crudo. La dote strutturale di questa zona e di questi terreni viene rispettata in toto, perciò lo scorrimento (giustamente vellutato) viene energizzato dall’eleganza e dal maggior nerbo che si richiede ad un Chianti Classico Riserva. La chiusura del sorso è encomiabile, basta aspettare qualche secondo ed irrompe un’imperituro sapore di arancia sanguinella, il descrittore per antonomasia del respiro faringeo del Sangiovese, un grande timbro di assoluta eccellenza.
Da abbinare a costine di Macchiaiola maremmana in agrodolce e rape rosse alla brace, porterà il corpo e lo spirito ad un congiungimento metafisico!

TheMarchian.