
Ci sono vitigni che nei secoli si sono acclimatati con territori unici e hanno instaurato un legame storicamente inscindibile. Uno straordinario esempio di unione e “terroir” (usando l’affascinante termine transalpino) è quello che si è creato tra il Teroldego e la Piana Rotaliana. Una storia dolomitica che narra l’adattamento di un’uva a bacca nera, ricca e profonda, alle bellissime vallate cinte dalla catena alpina più famosa d’Italia. Perso nel secondo dopoguerra per la ben conosciuta “ricerca della produttività” e recuperato dalla filosofia avanguardista (per aver capito prima di altri l’importanza del salvaguardare le radici viticole trentine) di Elisabetta Foradori. Lei, la “Regina del Teroldego”, sin dal 1985 iniettò nel suo lavoro quotidiano la voglia di mantenere e recuperare questa varietà, che in passato, era stata in grado di costruirsi un prestigioso pedigree vinicolo tra le mura della Corte viennese. Nel 1986 nacque il Granato, il Grand Vin aziendale, e l’anno successivo il Morei e lo Sgarzon, pionieristiche visioni single vineyard, che nel suo immaginario potevano descrivere l’anima aristocratica del figlio della piana alluvionale del Noce. Lo Sgarzon in questione, 2011 ça va sans dire, rappresenta il processo emancipativo interrottosi nel 1999, quando cominciò a confluire all’interno del Granato, e riattivatosi nel 2009 dalla voglia di Elisabetta di continuare a condividere le diverse anime dei suoi audaci vigneti.

Un vigneto, quello che origina lo Sgarzon, molto vitale, che poggia su di un terreno sabbioso nel paese di Mezzolombardo, conta circa 2,5 ettari e la sua esposizione beneficia di un clima più fresco e rarefatto. Le viti che vi crescono hanno ottima vigoria e trasmettono nei frutti un’innata scorrevolezza, che mette in mostra la profonda adattabilità territoriale del Teroldego.
Il risultato di questo ricercato insieme d’elementi è sintetizzabile in vini autentici, vitali e usualmente austeri nel loro primo periodo di vita. Serve qualche anno di affinamento in bottiglia per riuscire a comprenderli a pieno, ma garantisco che l’attesa sarà ripagata dalla baldanzosità della loro verve.
LA DEGUSTAZIONE

Vigneti delle Dolomiti Teroldego IGT “Sgarzon” 2011
100% Teroldego, vinificato ed affinato in tinajas di Villarrobledo per 8 mesi sulle proprie bucce.
Si presenta con un colore fitto, profondo ed ancora incredibilmente tendente al violaceo, segno di una dotazione antocianica ampia e molto stabile. L’esordio odoro è un po’ timido, ma lentamente si apre come la ruota di un pavone, esprimendo un fascino raramente riscontrabile. Parte su note quasi mediterranee, di liquore di mirto, radici e alloro essiccato, poi si sfina con sensazioni di pepe di Sichuan, cuoio, oli essenziali di Aloe, lavanda essiccata, terra bagnata, confettura di sambuco e bastoncino di liquirizia. Il sorso è magistrale, tanto ampio nella sua espressione aromatica, che ricalca i sentori olfattivi, quanto sensuale e corroborante nel suo sviluppo tattile. Esempio di come non servano strutture laceranti per essere grandi, si esalta nel respiro faringeo, quando il succo del tarocco siciliano e la liquirizia si fondono in un compendio lunghissimo e trascinato dalla saporosità salina della sua essenza. Un vino grandioso che vince su ogni fronte, ma soprattutto nella bevibilità!
Da abbinare con gnocchi di patate di Colfiorito e ragù di Lepre!
TheMarchian.