THE BEST OF 2019 – I miei TOP 10 Bianchi

Prosegue la mia personale classifica delle bevute che più mi hanno emozionato durante tutto il 2019. Adesso passo ai vini bianchi, spesso sottovalutati e non compresi come reali possessori di altissimi livelli di longevità e di capacità di saper dipingere ricordi che si attaccano alla nostra memoria e ci regalano momenti di scoperta a volte impensabili.

THE BEST OF 2019 I miei TOP 10 Bianchi •THE BEST OF 2019•

10 . Bianchello del Metauro DOC Gessara 2004 di Giuseppe Vitali

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Devo ringraziare un caro amico marchiagiano, che mi ha fatto scoprire questo inconsueto esempio di longevità rappresentato da un inimmaginabile Bianchello del Metauro! Forza all’ennesima potenza, mineralità gustativa che da vivacità ad un sorso caldo e plasmato dalle morbidezze. Tracce di gesso misto ad ardesia tra i profumi spiazzanti, che mostrano la forza e la sicurezza di un vitigno quasi non calcolato dai noi bevitori non marchigiani. Arroganza e voglia di impressionare, che lo renderanno magicamente capace di attraversare illeso ancora un altro decennio!

9 – Campania Fiano IGT Don Chisciotte 2017 di Pierluigi Zampaglione

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Il Fiano macerato che preferisco in assoluto, perchè palesa immediatamente quelle note che lo fanno diventare grande con l’evoluzione in bottiglia. Si esprime con un turbinio di richiami alla natura, ai profumi della macchia che cresce vicino ai boschi, sulfureo per via dei terreni argillo/vulcanici e rinfrescato da un corroborante vis-a-vis tra acidità (data dall’altitudine) e la spiccata vena balsamica. Vuole respirare, chiama a se l’ossigeno e ama l’alta temperatura di servizio, per esaltare le sue doti di tensione tattile. Un sudista d’altitudine.

8 – Marche IGT Gli Eremi 2014 di La Distesa

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Macerazione attenta, un filo di follia ed un territorio stupendo a Cupramontana in contrada San Michele, portano il vigneron Corrado Dottori a creare un Verdicchio che lancia scintille d’erbe secche, di fieno scaldato al sole e tanta frutta gialla. È un vino polposo, aggrappante (per la sua lieve impressione tannica) che mostra una splendida finezza data dall’annata fresca. La sua mise longilinea è data da un territorio stupendo, prevalentemente calcareo, con gessi ed arenarie che lo completano, esaltando il Cru più famoso per la produzione di Verdicchio.

7 – Lazio IGT Fiorano Bianco 2016 di Tenuta di Fiorano

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Il grande bianco che fece innamorare Luigi Veronelli è un matrimonio tra Viogner e Grechetto, che identifica nel legno il celebratore della liturgia d’unione. Ha un’anima barocca, piena e molto tropicale, che quasi sembra evocare l’antica ricchezza papale che ha contraddistinto la famiglia Boncompagni Ludovisi. Mostra velleità di nobile estrazione come la profondità gustativa e la precisione della sua esecuzione mai stancante. In poche parole si tratta del riferimento all’eccellenza quando si parla di vini laziali. Abbondanza che non stanca.

6 – Verdicchio dei Castelli di Jesi DOCG Villa Bucci Riserva 2013 di Villa Bucci

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La massima eleganza del Verdicchio dei Castelli di Jesi! Un gioiellino targato Ampelio Bucci, che disegna ghirigori scintillanti e borghesi, unendoli in un’armonica sinfonia di profumi e aromi che colorano i ricordi. Intenso nel suo essere agrumato e quasi “idrocarburico” (quasi a ricordare il TDN dei Riesling evoluti), legato a doppio nodo alle tracce di passaggio nel legno che lo rendono spesso e accattivante. Si racconta in sorso fatto di tensione acida, larghezza aromatica e salivazione minerale. Un inno alla gioia, al saper vivere italiano e all’applicazione del know-how ad un vitigno brillante e tremendamente longevo.

5 – Mersault-Charmes Premier Cru 2017 di Domaine Jobard-Morey

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Mersault rappresenta la morbidezza made in Burgundy, che non manca mai di eleganza e di bilanciamento tra l’utilizzo di legni piccoli (sfruttando la tecnica del batonnage) e l’acidità meno nordica che viene data da queste vigne. In questo Premier Cru grasso, largo e pieno di suggestioni, ritrovo perfettamente la tipicità della zona e della cifra stilistica utilizzata. Aromi e profumi entrano dentro una spirale di gusto morbido e tostato, che si rilascia in tutto il suo splendore dopo la deglutizione. Elegantemente burroso, giustamente tostato e dolcemente speziato, è un compagno di grandi bevute che non stanca… mai!

4 – Venezia Giulia Bianco IGT Oslavje 2009 di Radikon

IMG_5936Chardonnay, Pinot Grigio e Sauvignon Blanc uniti da un blend quasi paritario, che suffragano l’innovazione friulana degli anni 70/80, che con il tempo si è piegata al volere della “ponca” (il tipico suolo argillo-roccioso del Collio) e del “twist orange” concettualizzato da Gravner. È un bianco che cattura, rapisce e rilascia emozioni legate alla macerazione, che esprimono le erbe secce e i frutti gialli canditi. Sono utilissimi gli sprazzi di acetica, poichè danno vivacità e temprano un sorso che così diviene dritto, fresco e netto. Uno scrigno d’emozioni in formato da 1 litro, con una missione di grande rilevanza, dar da bere agli assetati!

3 – Alsace AOC Grand Cru Clos St. Hune 2013 di Trimbach

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Vigne di 60 anni, terreni calcarei uniti a rocce cementate argillo-calcaree poste nel cuore del Grand Cru Rosacker in Alsazia, piantate interamente a Riesling sono la base che da i natali a quello che è considerato da molti “il miglior Riesling del pianeta”. Per diventare grande non ha bisogno nè di legno nè di fermentazione malolattica, ma solamente dell’evoluzione riduttiva del succo. È puro, con la bella nota tropicale del frutto, naturalmente balsamico con i rimandi alle erbe aromatiche fresche e anche decisamente profondo. La sua profondità è minerale, quasi da pietra focaia, che intensamente racchiude il segreto della sua straordinaria capacità evolutiva. Il La Tâche Alsaziano.

2 – Colli della Toscana Centrale IGT Trebbiano Viti Dimentiche 2017 di Monteraponi

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L’usurpato -dai molti vitigni internazionali – Trebbiano Toscano, ha trovato finalmente la sua importante consacrazione, in quello che a parer mio è il miglior bianco toscano momentaneamente in commercio. Nato dall’estro e dalla tenacia di Michele Braganti, che ha saputo esaltare il suo patrimonio ampelografico tipicamente chiantigiano. È un bianco che viaggia su rotte che gli altri non raggiungono, eleganteggia strizzando l’occhio ai Mersault e trova energia dal contatto con le bucce e dall’apporto tagliente dell’acidità malica. L’assaggio vede il burro condividere il podio con la camomilla, i frutti gialli e i fondi di caffè, in attesa di un lungo finale agrumato e avvolgente. Al costo di sembrare ridondante e troppo di parte lo dico e lo ridico, in Toscana per me di meglio non c’è!

1 – Alto Adige Terlano DOC Quarz 2006  di Terlan

IMG_1789Lo dico apertamente, non sono un amante dei Sauvignon Blanc, poichè ritengo che troppo spesso vengano interpretati su un eccessiva espressione delle metossipirazione (che sviluppano gli intensi aromi di salvia e bosso). Ma di fronte a questa Magnum di Quarz 2006 posso solamente mettermi in ginocchio, rivendicando un’illuminazione che ha scosso profondamente le mie sicurezze gustative… Il suo magico oro verde (frutto del tempo passato in bottiglia e della maturazione in tonneau) gli dona un’aura solenne e rispettabile che mette quasi in soggezione. Burro, menta piperita, ardesia bagnata e kiwi giallo disegnano un mosaico olfattivo di rara essenza camaleontica. Esotico, piccante e tanto fresco, lascia la parte migliore per la fine, quando esalta l’affumicatura di legno di pino e l’incontenibile sapidità. Onore a te, Paladino di Terlano!

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