
Frizzanti e spumeggianti i vini spumanti allietano i momenti di noia ed esaltano gli attimi di estrema felicità. Qui di seguito i migliori 10 assaggi di questo anno solare, che chiude il secondo decennio del 21esimo Secolo.
I miei TOP 10
10 – Spumante Metodo Classico Brut Terzavia 2016 di Marco de Bartoli
La “terza via del Grillo” così lo definiscono in casa de Bartoli, un Metodo Classico che incanta per la precisione della sua concezione tecnica e che non manca di legarsi indissolubilmente al suo luogo di nascita, la Contrada Samperi a Marsala. 18 mesi di autolisi sui propri lieviti danno vita ad un vino dal sorso irresistibilmente corroborante e genuino, composto dagli agrumi e dai rimandi isolani (quasi marittimi). Un assaggio di Sicilia, una colorata cartolina che ti sprona ad andare a scoprire come il territorio marsalese si sia naturalmente riversato all’interno del succo dinamico di queste splendide uve.
9 – Champagne AOC Brut Grand Cru Blanc de Blanc di Jack Legras
Il primo Champagne che entra in classifica è un must del mio 2019, che ho bevuto e ribevuto senza mai annoiarmi. È la mia comfort zone per quanto riguarda le bollicine d’oltralpe. Costa il giusto e rende tanto, grazie alla sua completezza che fa invidia alle perfette esecuzioni champagnotte delle grandi Maison. Vive di profumi complessi e precisi, maturi e smussati, accompagnanti da un sorso brillante e piacevole. Dove vai se il Jack Legras non ce l’hai?
8 – Spumante Metodo Classico Dosaggio Zero NiNì di Divella
Dalle più antiche terre di Gussago (zona collinare ad EST della Franciacorta) proviene questo splendido Spumante elaborato da Alessandra Divella, una giovane vigneronne prodigio, che in pochi anni è riuscita a creare dei vini territoriali ed estremamente caratteristici. Il suo Ninì, è un passo a due tra Chardonnay e Pinot Noir che si comprendono e si includono in uno stile alternato tra le espressioni aromatiche e tattili dei due protagonisti. Cremoso, metallico e agrumato, riesce a fondersi con le papille gustative in un abbraccio lombardo che lascia un retrogusto di puro sale marino.
7 – Champagne AOC Vertus Experience Premier Cru Extra Brut di Andre Jacquart
Una recente scoperta composta dal grande Chardonnay di Champagne proveniente da Vertus e da Mesnil sur Oger, fermentato in barrique. Così come piace a me, la scioglievolezza cremosa che avvolge i profumi trova una spinta dritta e agrumata quando il vino entra in bocca. Una divisone di sensazioni che crea attesa e poi ti sorprende con un gusto tesissimo, che solamente i ricordi vanigliati del legno riescono a smussare. Come direbbe il mio amico Paolo, “stracciamutande”.
6 – Champagne AOC Blanc de Blanc Brut Nature di Laherte Freres
Era un assaggio che rimandavo da tempo, che come spesso accade rischiava di deludermi… Non è stato così, poichè mi ha colpito e mi ha abbracciato attraverso il suo carattere vivace e sontuoso. Declinazione perfetta del grande Chardonnay che da Epernay scende verso la Côte de Blancs, non dosato per poter esprimere tutta la naturalità del suo areale. Un breve contatto con il legno gli dona colore e avvolgenza, che non sovrasta la sua spina dorsale gessosa, vera interprete del terroir e della volontà dei fratelli Laherte. Un’espressione di gentil mix tra dinamismo e serenità.
5 – Champagne AOC Polisy Brut Reserve di André Beaufort
Naïf per concezione dell’artigiano André, è un vino che ammetto di aver ripudiato per anni, ma che in un weekend montalcinese di Febbraio mi ha donato sensazioni inattese e piacevolmente uniche e irreplicabili. La salamoia, il suo essere salmastro, salino, poi metallico (dall’80% di Pinot Noir) donano nerbo alla degustazione e non ti lasciano mai tranquillo. Un continuo girovagare di sensazioni, nuance e piccole sfumature, che si combinano per creare un profilo saggio ed incalzante. Controcorrente come una canzone di Guccini.
4 – Champagne AOC Premier Cru Extra Brut L’Accomplie di Frederic Savart
A Luglio raffrescato dall’ombra del Castello di Serralunga lo trovo in carta e non posso esimermi dall’ordinarlo. Ogni volta è rassicurante, generoso, godereccio, speziato e profondo. Da fanatico dello Chardonnay mi fa strano amare così tanto uno Champagne che proviene da quasi la totalità di Pinot Noir; ma al cuor non si comanda e a volte la ragione si fa da parte ben volentieri. Come recita l’etichetta: 100% émotion vraies, 100% de notre travail, Frederic Savart… Il Completamento!
3 – Trento DOC Riserva Lunelli 2003 di Cantine Ferrari
Un italiano nella TOP 3, viene dalla “Maison” trentina più storica ed acclamata. Cantine Ferrari (di proprietà della famiglia Lunelli) è la stella polare degli spumanti italici, e tra le poche aziende mondiali a non temere confronti con i creatori del metodo Champenoise. Il campo di gara è diverso, ma come i cugini francesi, Ferrari riesce a dare unicità e riconoscibilità ai sui variegati prodotti. Espressione di un’annata molto calda, questo Chardonnay fermentato in legno austriaco è stato sboccato nel 2010 e durante una cena settembrina ci ha regalato dei momenti di rara eccitazione. Ricco, sfacciato, elegante, sapido e con una bollicina sottile e carezzevole. Ingrassa gli animi, dona sicurezza e lascia un lunghissimo ricordo ancora vivacizzato dall’acidità. Never ending!
2 – Champagne AOC Dom Ruinart 1996 di Ruinart
Sogno o son desto? Un mito per gli adoratori dello Chardonnay, proveniente dalla più antica Maison de Champagne nata nel 1729. I più grandi Chardonnay di Choully, Mesnil e Avize vengono uniti ad una piccola parte di Chardonnay dalla Montagne de Reims, per creare uno Champagne Millesimato che sia la più alta punta qualitativa dell’azienda. Un vero campione che si mette a confronto solamente con le più importanti riserve della Champagne. Degustandolo si è rivelato così: il meglio del meglio, che ha saputo sopportare con nonchalance più di 10 anni dalla data di sboccatura. Ramificato sulle terziarizzazioni, vanigliato dal suo imprinting giovanile, carezzevole dal lungo affinamento, educato dal silenzio e dal buio ed energizzato dal suo bagaglio di freschezza. Inafferrabilmente sensazionale!
1 – Champagne AOC Dizy Premier Cru Extra Brut Corne-Bautray 2007 di Jacquesson
Senza neanche pensarci dono il gradino più alto al Corne-Bautray di Jacquesson, l’ennesimo esercizio di stile dei fratelli Chiquet, che da tempo hanno conquistato il mio cuore. Questo lieux-dits nasce a Dizy, ed è un mono-cepage da uve Chardonnay, che nascono da piante di circa 60 anni, vecchie e resilienti, profonde conoscitrici del clima, del suolo e della storia. Provoca infatuamento immediato, infatti sin dal primo istante fa capire la sua grandezza, che emerge sfacciatamente, mettendoti in contatto con l’essenza del lavoro degli Chiquet, atto ad estendere al vino la sconfinata conoscenza delle piante. La complessità olfattiva si manifesta senza il bisogno di toccare il legno, ma grazie agli 8 anni di autolisi, che modellano i profumi su tratti gessosi, ammandorlati e molto floreali. L’assaggio è altrettanto sfacciato e teso, acuminato, affonda nella bocca come un coltello e poi si concede ad un finale ineluttabile: la persistenza infinita! Datemi oggi il mio Jacquesson quotidiano!
STAY TUNED!
TheMarchian.