
Il 2019 è stato per me un anno ricco di grandi bevute, fatte in compagnia di persone gioviali e accomunate dalla voglia della condivisione; sono stati momenti di crescita personale e di scoperta di zone, stili e gusti che mi hanno riempito la mente, il cuore ed ovviamente il fegato. È così che adesso ho deciso di stilare la mia classifica di bevute che più mi hanno emozionato, in cui non darò punteggi ma solamente giudizi d’emozioni che più sono andate vicine a toccare le corde del mio gusto prediletto. Questa è la prima sui rossi, perchè da orgoglioso “cocchiumato” una top 10 mi stava stretta e ho dovuto, per rispetto alle emozioni, allargare il campo a 15 etichette che mi hanno rapito. Preparate gli occhiali da lettura, il viaggio comincia!!
I miei TOP 15
15 – Montefalco Sagrantino DOCG Pagliaro 2011 di Paolo Bea
Paolo Bea è un vignaiolo schivo e sincero, diretto e appassionato e trasmuta la sua essenza all’interno del sorso del suo Sagrantino. Un vino forte, alto in gradazione come in potenza del tannino, che si erge monumentale a dominare la bevuta, ma che con un lampo di energia si lega saldamente alla freschezza dell’acidità. Un esercizio di stile umbro su di un materiale estremamente articolato come il Sagrantino. Mi ha fatto capire che i pregiudizi sono sempre fuorvianti, provare per credere!!
14 – Cortona DOC Syrah 2015 di Stefano Amerighi
La pura eleganza della Syrah, declinata in Cortona (provincia di Arezzo) dal mitico Stefano Amerighi. Scura perchè cresciuta in Toscana, ematica, carnacea, poichè legata alla pungenza del pepe e della pasta d’olive nere che portano i ricordi fino alle più tipiche espressioni della lontana Côte Rotie. Nasce babbana, poichè fuori dal suo contesto primordiale, ma diventa uva dal pedigree dorato, che a volte risulta essere più indigena delle sue cugine francesi.
13 – Sassicaia 2015 di Tenuta San Guido
Il patriarca dei Supertuscan, in un’annata indimenticabile, la 2015 che lo ha portato all’elezione come miglior vino del 2018. È stiloso, raffinato, elegante, cadenzato e dettagliato; in pratica molto diverso dalla modaiola estrazione bolgherese. Un’emozione legata alla precisione e allo stile borghese di un vino che nasce nelle migliori vigne di Bolgheri, viene spremuto e con il tempo muta nella più fulgida espressione di Cabernet Sauvignon e Franc presente in Italia. Dopo la mitologica ’85, la stella del Sassicaia si è illuminata un’altra volta!!
12 – Valpolicella Classico Superiore DOC 2010 di Giuseppe Quintarelli
Il Must della Valpolicella, il vino della storia, da sempre prodotto nella vallata a Nord-Est più famosa di Verona. Qua “El Bepi” continuò l’opera di vigna tramandatagli dalla famiglia e creò lo stile più elegante, sobrio, duro e minuzioso dell’intero areale. Il succo delle vigne migliori di Negrar, che hanno bisogno di tradizione e tanti anni per entrare nell’Olimpo dei miti enologici mondiali. Suadente come l’appassimento e serrato come un giovane diciannovenne che ha ancora tutta la vita davanti.
11 – Venezia Giulia Merlot IGT 2007 di Dario Princic
Il Merlot nordico, che seguendo il paradosso dei vini macerati del Collio (in cui i bianchi hanno tannini e strutture da rossi) si rivela un rosso con tute le migliori caratteristiche di un bianco. Luminoso e scarico nel colore vive di un’energia pungente, scorrevole e rinfrescante che insieme ad un corredo evolutivo di classe sopraffina, crea un favoloso compendio tra movimenti e suggestioni. L’esemplificazione di uno stile dritto e senza fronzoli, che o lo adori o lo schifi… Io, lo adoro!
10 – Bolgheri Superiore DOC Paleo 2015 di Le Macchiole
È la moda del momento, fare il Cabernet Franc in purezza, ma c’è chi aveva già intuito il potenziale romantico e sfaccettato del padre del Cabernet Sauvignon. Il Paleo de Le Macchiole è un inno alla femminilità, poichè con grande fatica, selezione e minuziosa attenzione ai dettagli dona alle nostre bocche un vino dai tratti seducenti e profondi. Conturbante come pochi e per questo riconoscibile tra mille altri. Lui è il grande portabandiera del mono-varietale targato Bolgheri.
9 – Pertichetta 2007 di Vigneti Massa
Un’illuminazione, custodita per anni dal camaleontico e vivace Walter Massa nella sua cantina di Tortona. Ai tempi non era così famoso e la Croatina non se la filava nessuno, è per questo che oggi possiamo infilarci in un tunnel di luce, per scoprire la straordinaria evoluzione di una protagonista che non t’aspetti. La Pertichetta 2007 è viva, orgasmotica, loquace e dinamica. Un po’ come i nervi del buon Walter, sempre tesi come le corde di un violino!
8 – Toscana IGT Ghiaie della Furba 1999 di Tenuta di Capezzana
Un regalo del tempo, che ha plasmato gli spigoli pieni, forti e perduranti di Cabernet Sauvignon, Merlot e Syrah cresciuti a Carmignano e li ha trasformati in linee morbide e setose. Un susseguirsi di raffinatezza, persistenza e nitidezza legate da un alone di maestosità quasi bordolese, che accompagna la degustazione. Manifesta una superiorità netta, sa di essere un alfiere di grande longevità e sfrutta il passare il tempo per continuare a modellarsi per sorprendere i fortunati assaggiatori.
7 – Barbaresco DOCG Montestefano 2014 di Serafino Rivella
La tradizione di Teobaldo, che nasce sulla costa della Vigna Montestefano ad Est del paese di Barbaresco. Un Nebbiolo di grande vivacità, composto dalle sue tracce più tradizionali. Lavanda, pepe nero e melagrana sono i descrittori che donano l’impatto regale al suo Barbaresco, che si mantiene ancora un filo austero. Colpisce dritto al cuore, lasciando un segno indelebile, fatto di acidità, struttura e proiezione verso l’evoluzione futura. Religione di Langa (insieme a Rinaldi) per gli adoratori dell’acidità.
6 – Chianti Rufina DOC 1980 di Selvapiana
Sangiovese in purezza, d’antan, nato e cresciuto alla Rufina, in quello che è il più prestigioso degli areali della vastissima denominazione del Chianti. Frutto indissolubile della vendemmia 1980 (11 anni prima della mia nascita) che si manifesta con i punti salienti che fanno grande il Sangiovese toscano. La tensione data dall’acidità e l’energia di un tannino corroborante che ancora si muove per pizzicare la lingua. È ricco di fascino, sicuro di sè, fiero e ancora non totalmente domato. La sua veste cangiante lo ha reso un divulgatore di sensazioni, attimi e ricordi di profumi casalinghi.
5 – Etna Rosso DOC Vinupetra 2006 di I vigneri di Salvo Foti
Il miracolo di Salvo Foti, enologo pluri-apprezzato per il suo lavoro di conservazione delle vecchie tecniche di vinificazione etnee. Portabandiera di uno stile moderato ed essenziale (che vede ancora il Palmento come luogo della vinificazione). In giovinezza fa un vino duro e pieno di asperità, che ha bisogno di anni per assottigliarsi e così modellarsi in funzione della freschezza. È eccezionale quanto inaspettato, per la sua progressione signorile che mette il turbo durante l’inarrestabile persistenza minerale.
4 – Toscana IGT Baron’Ugo 2013 di Monteraponi
Il mio amato Sangiovese (anche se non in purezza) che proviene da una vigna splendidamente sassosa, fatta di calcari e argille cementate, tra la più alte del Chianti Classico. Qui l’uva guarda tutti dall’alto (un po’ come faceva il Governatore di Toscana nel X secolo) e si eleva con calma a primeggiare sulle altre. Un vino che sfida chi non comprende la soave struttura raddese, che sfrutta e moltiplica all’ennesima potenza per farsi vino sussurrato, svelto e borghese. Pura classe, integerrima e incorruttibile, che non si piega dinanzi a nessuno, ma si fa compagna di quelli che credono nei propri sogni e impiegano ogni energia per portarli a compimento!
3 – Brunello di Montalcino DOCG 1996 di Salvioni
Un inno allo stile che ha fatto nascere il mito del Brunello di Montalcino (quello del geniale Ferruccio Biondi-Santi) interpretato da Giulio Salvioni. Produttore tradizionalista ed essenzialista che anno dopo anno ci sta donando dei pezzi unici, talmente vivaci e vigorosi, che quando si incontrano dopo anni dall’imbottigliamento, già si sa che non deluderanno mai. La sua ’96 è generosa, materica e già affidata alla terziarizzazione che va verso il legno di cedro, il sottobosco e l’incenso. È splendida quando scorre sulla lingua; con quel suo fare rinfrescante ed il suo sublime richiamo all’arancia sanguinella. Montalcino in poche parole!
2 – Toscana IGT Le Pergole Torte 1992 di Montevertine
La bottiglia che ha consacrato la fine di un lungo percorso di studio, comprata lontano dalla Toscana e attesa con i nervi a fior di pelle. È stato come tornare a Montevertine, in quella grigia giornata primaverile, mentre degustavamo un Cannaio del 1992. Quei profumi sono indelebili, l’incenso, il caminetto spento, la scorza d’arancia e poi quella scorrevolezza magnifica, semplice ma impattante, dinamica ma anche maledettamente persistente. È stata un’emozione profonda, voluta, cercata e aspettata, è stato come ritrovare il primo amore dopo anni che non lo vedevi.
1 – Gevrey-Chambertin – Grand Cru – Chapelle Chambertin 2006 di Trapet Père & fils
Raramente mi posso permettere un Grand Cru della Côte de Nuits, e quando capita deve essere condiviso con chi come me cerca l’eleganza e la rarefazione dell’essere. Condiviso con mio fratello, in un giorno che da normale è diventato straordinario; divisa in due mentre pranzavamo con uno sfizioso lonzino di Cinta Senese in agrodolce da me preparato. Mi ha fatto viaggiare con la mente, portandomi sull’inginocchiatoio, con le mani giunte in segno di preghiera verso una sostanza aeriforme. Questa sostanza non era Dio, bensì il gusto del Pinot Noir, che come solo lui sa fare disegna colori, profumi e sapori spesso rarefatti, quasi impercettibili che vengono notati ed acclamati solamente da chi sa guardare oltre l’ostacolo e va alla ricerca del dettaglio che crea l’attimo eterno.
STAY TUNED!
TheMarchian.