
Metti una sera, Firenze, nel centro storico proprio vicino al Mercato di San Lorenzo, metti quattro amici in cerca di un aperitivo sfizioso e dissetante, metti la Casa del Vino, metti una serie di bottiglie stimolanti e anche abbastanza rare da trovare ed avrai la situazione perfetta per gustare un capolavoro enologico dal prezzo contenuto. Il suddetto è un Langhe Nebbiolo grintoso ed elegante, ovviamente targato Bartolo Mascarello. L’etichetta riporta tanti grappoli d’uva bluastra, quasi un memorandum per i bevitori: “il vino nasce dall’uva!”. Calice ampio e crostoni misti (uvo sodo e acciughe e salsiccia e stracchino) creano il giusto pathos che alimenta i momenti di attesa prima dell’assaggio… Il locale è piccolo e affollato, ma come durante uno spettacolo teatrale, il nebbiolo che scende rapidamente nel calice attrae verso di se tutte le luci, tacitando il sottofondo confusionario. Un rapido cin-cin, atto a suggellare l’amicizia e la convivialità, e finalmente il figlio di Maria Teresa (energica erede di Bartolo) è pronto ad incantare la platea di fronte a se. I primi istanti di degustazione sono marchiati da quel tratto che contraddistingue il grande Nebbiolo di Langa: l’austerità. L’austerità è un concetto che reputo puramente olfattivo, e che descrivo come un’iniziale chiusura del vino, che concede poco del suo bagaglio odoroso. Glorifico questo momento del vino, lo rende imperscrutabile, schivo, sfuggente e quasi indisponente, tanto da far demordere molti assaggiatori; ma io sono paziente e adoro lasciare al vino il suo spazio di manovra. Bastano pochi minuti e si lascia andare in un esploit di profumi che lo tipicizzano e lo rendono dannatamente conturbante ed elegante. Con grande ritmo si alternano tocchi di fiori di lavanda, succo di melograno, lamponi selvatici, pepe nero appena macinato e chiodi di garofano. Energico ed intenso mette in chiaro chi è, senza troppo curarsi del pensiero altrui… non c’è che dire è proprio un giovane molto sicuro di sè! L’assaggio è magnifico, elegante e fitto, la trama tannica inganna il palato e grazie alla sua perfetta estrazione sembra quasi danzare sulla lingua, senza apportare la benchè minima sensazione amaricante o eccessivamente astringente. Gli aromi di bocca seguono la linea tracciata dai riconoscimenti olfattivi e aiutano a chiudere il sorso con franchezza e aderenza alla traccia. Una volta che lascia il cavo orale e percorre la faringe regala il bis della sua interpretazione, recitando un inarrestabile volo d’angelo condotto sulle ali della persistenza aromatica intensa. Sono già in piedi, ma avrei certamente fatto uno scatto verso l’alto per donargli un sentito plauso di ringraziamento, volto a sottolineare la sua armoniosa prestazione, cesellata da uno stile classico, appartenuto ad un grande uomo di Barolo che ha lasciato a noi posteri delle opere viventi, che noi onoriamo usando il cavatappi!
TheMarchian.