La renaissance irpina – I Cru di Villa Raiano

Il nome Irpinia, nasce in epoca rinascimentale, quando definirono questa zona dandole il nome del popolo che l’aveva abitata prima della dominazione romana. Gli Hirpini erano una tribù di stirpe sannitica, diffusa in tutto il centro-sud della penisola, che si stanziò lungo l’appennino campano. Come loro, anche la cultura del vino arriva da lontano, poichè portata dai Greci, che attraverso la colonizzazione di queste zone cominciarono a coltivare quei vitigni che oggi rappresentano l’autenticità e la tradizione campana. Nel corso dei secoli le colline irpine hanno saputo accogliere vitigni come il Greco, il Fiano e l’Aglianico (probabilmente portati dai coloni ellenici che crearono la Magna Grecia), dandogli una forte caratterizzazione territoriale, data dall’irripetibile interazione tra vitigni e ambiente, riassumibile con il nobile termine francese di terroir. L’Irpinia è un’area campana a sé stante, composta da una fitta serie di colline (tra i 300 e gli 800 metri di altitudine) che si snodano intorno alla città di Avellino e si arrampicano fino alle alte cime del Cervialto e del Terminio. L’incontro tra l’orografia “appenninica” e la vicinanza al mare (distante circa 40 km), creano un clima inusuale: con inverni brevi e molto rigidi (bagnati da piogge frequenti e nevicate sporadiche) ed estati lunghe, mitigate dalle calde brezze del Golfo di Napoli.

L’Irpinia, vista da Google earth

Un clima ideale per allevare la vite, che le permette di beneficiare di notevoli escursioni termiche stagionali, che veicolano un importantissimo arricchimento di terpeni (componenti fenolici che permettono lo sviluppo degli aromi dell’uva) ed una conseguente tipicizzazione del vino che ne deriva. Il concetto di terroir – così come lo concepiscono i francesi – è però legato anche ai terreni (suolo e sottosuolo) e a come i vitigni sono riusciti ad adattarsi su di essi. Aglianico, Greco e Fiano (i tre tenori irpini) sono probabilmente di origine greca, come si può intuire dall’etimologia dei loro nomi, che sembrano derivare da corruzioni gergali di termini latini. Il nome Aglianico sembra derivare dall’aggettivo “ellenico”, cioè dell’ “Ellade” (la Grecia antica), il nome Fiano invece deriva da una corruzione di “vitis apiana”, probabilmente importata dai coloni ellenici che provenivano dall’“Apia”, l’antico Peloponneso; infine il Greco, che tutt’ora mantiene nel nome la sua inequivocabile terra natia. Questi tre vitigni, un tempo stranieri, hanno trovato nei suoli irpini un matrimonio magico, che li ha resi protagonisti sin dal primo istante esaltandone le caratteristiche positive. Qui i terreni sono molto frammentati e donano ai tre vitigni caratteristiche uniche e non replicabili. Il Fiano trova la sua area di elezione in 26 comuni che si snodano intorno ad Avellino, su terreni di origine pliocenica tendenzialmente composti da marne argillose, ricoperte da uno strato di ceneri ocracee provenienti dall’ultima grande eruzione vulcanica del Vesuvio. L’ Aglianico si esalta nell’area di Taurasi, anch’essa ricoperta da grosse quantità di ceneri, che però poggiano su suoli composti da arenarie e ricchissimi di minerali. Il Greco invece cresce su terreni minerali (posti nella fascia settentrionale dell’Irpinia), dove nei secoli sono state raccolte enormi quantità di zolfo e tufo. Oltre ai terreni cambiano anche le altitudini, che variano dai 300 fino agli 800 metri della zona collinare centrale, fino ai 1800 dei monti Vergine e Terminio. In questo ambiente rigoglioso ed eterogeneo la storia enoica è importante sin dal XII e XIII secolo, quando Federico II di Svevia prima e Carlo II d’Angiò dopo, apprezzavano profondamente i vini irpini tanto da acquistarli o addirittura da piantarne le viti nella città di Manfredonia. Una tradizione profonda, che basava la sua riuscita commerciale sulla perfetta correlazione tra vitigno, territorio e genius loci. Un’unione che è proseguita fino ai primi anni del XX secolo, quando tra le vallate irpine venne costruita la prima strada ferrata della Campania, la quale rendeva rapida la compra-vendita e collegava le vallate racchiuse tra i fiumi Calore e Sabato. Un periodo d’oro che dette la spinta giusta per creare la Regia Scuola di Viticoltura e Enologia di Avellino, stroncato inaspettatamente da due cataclismi inevitabili: la Seconda Guerra Mondiale e la Fillossera. Ma fortunatamente il forte spirito degli agricoltori irpini ha resistito, dandogli la forza di ricominciare nel dopoguerra con una produzione importante, principalmente legata al concetto dell’alta produzione numerica. Questa forte spinta, sicuramente guidata dalla storica azienda Mastroberardino, ha fatto nascere tre Denominazioni cucite addosso ai vitigni: le DOC Taurasi e Greco di Tufo nel 1970 e qualche anno più tardi (nel 1978) la DOC Fiano di Avellino. Insieme sono diventate ambasciatrici dell’Irpinia e hanno portato, nuovamente, il nome di questa terra in giro per il mondo, fino ad arrivare alla tramutazione in DOCG avvenuta nel 1993 per il Taurasi, e nel 2003 per Greco di Tufo e Fiano di Avellino. Questi importanti traguardi sono stati raggiunti grazie all’impegno di grandi aziende e piccoli viticoltori, che insieme hanno lavorato verso un graduale, ma sensibile, aumento della qualità. Il grande boom di crescita è cominciato alla soglia degli anni 2000, quando aumentò notevolmente il costo delle uve, portando molti conferitori a diventare produttori indipendenti, alla ricerca di qualità e territorialità.

Il comune di San Michele di Serino

Villa Raiano nasce proprio in questo bel periodo di rinnovamento, quando nel 1996, la famiglia Basso acquistò la proprietà e cominciò a piantare i vigneti. L’azienda sorge in provincia di Avellino, nel comune di San Michele di Serino, situato nella fascia centro-meridionale della denominazione del Fiano di Avellino, e oggi conta ben 27 ettari vitati, divisi tra le tre DOCG. Si tratta di un’azienda dalla visione lungimirante, che nel 2009 ha completato la costruzione della nuova cantina. Un luogo innovativo, dove le fulgide scelte architettoniche si fondono egregiamente con l’ambiente circostante, mettendo in risalto una grande terrazza che si affaccia sulla valle scolpita dal fiume Sabato. Il grande fascino di questa tenuta, che al suo interno ospita anche un lussuoso ristorante, è la ricerca della valorizzazione delle caratteristiche territoriali, perciò negli anni ha sviluppato una collezione di 5 vini provenienti da vigneti separati, che rafforzano ancor di più quel concetto di unicità tri-nominale che unisce, uomo, terra e pianta.

Vista della cantina di Villa Raiano, sita nel comune di San Michele di Serino

Oggi voglio parlarvi proprio di questa visione precisa ed empatica, attraverso la degustazione di 3 vini-cru, che identificano organoletticamente il duro lavoro svolto dalla famiglia Basso per accendere la luce di una renaissance del terroir. Non è un vezzo e neanche una moda, bensì una filosofia che vuole riappropriarsi della tradizione e vuole porre al comando la natura vocata del vigneto.

Etichetta “Ventidue” 2017 e mappa del suo Cru nel Comune di Lapio – Copyright http://www.villaraiano.com

FIANO D’AVELLINO DOCG “VENTIDUE” 2017
100% Fiano
Fermentazione in tini d’acciaio, dove sosta per 12 mesi sulle fecce fini, a cui seguono ulteriori 12 mesi in bottiglia.
Questo vino nasce dalle uve di Fiano coltivate nel Cru di Lapio, nel Comune più orientale di tutta la denominazione. Qui Villa Raiano coltiva due ettari di vigna posta a 450 metri che insiste su terreni argillo-calcarei ricchi di rocce arenarie gialle. Questo territorio particolare, tende a caratterizzare i vini con tratti femminili e contemporaneamente arricchisce il loro bagaglio di profumi. Il vino si presenta giallo paglierino intenso e marcato, reso quasi brillante da una luminosità regale. Il ventaglio odoroso è ricco e stratificato, e si compone principalmente di note agrumate (lime, limone e scorza di cedro), poi floreali di camomilla sferzate vivacemente da sprazzi di timo selvatico e maggiorana. Infine il profumo marino della salicornia si lega ad una suggestione tufacea, quasi vulcanica, che insieme creano i tratti di un netto imprinting territoriale. Il sorso è piacevole, quasi femmineo, e mette in mostra aromi prevalentemente agrumati che si distribuiscono con delicata avvolgenza. La freschezza è misurata, ma serve per rendere la progressione scorrevole ritmata. Di contro il finale è esplosivo, poichè entra in gioco una sapidità travolgente, che ricopre la faringe, invita a nuova salivazione e allunga la persistenza aromatica ben oltre i 10 secondi.
Ebbene sì questo Fiano è una vera eccellenza, profumatissimo e dinamico, con un potenziale evolutivo veramente sconfinato.

Etichetta “Bosco Satrano” 2017 e mappa del suo Cru nel Comune di San Michele di Serino – Copyright http://www.villaraiano.com

FIANO D’AVELLINO DOCG “BOSCO SATRANO” 2017
100% Fiano
Fermentazione in tini d’acciaio, dove sosta per 12 mesi sulle fecce fini, a cui seguono ulteriori 12 mesi in bottiglia.
Questo Fiano nasce dalle uve coltivate nelle vigne del Cru di San Michele di Serino, Comune che rappresenta la parte centro-sud della Denominazione. I vigneti sono a 510 metri di altitudine, da cui sovrastano la cantina e guardano il Monte Partenio a Nord-Ovest. I vini che provengono da questa sottozona, solitamente, sono pronti e avvolgenti, poichè beneficiano di terreni argillo-calcarei che in alcuni casi sono ricoperti da ceneri vulcaniche. Questo vino prodotto in Contrada Bosco Satrano (da cui prende il nome), sembra ricalcare alla perferzione la suggestione data dalle caratteristiche del terroir , infatti si presenta di giallo paglierino luminoso che viene sferzato da vivaci sfumature verdoline. I profumi sono maturi e dolciastri, ricordano note floreali di gelsomino e fruttate di pesca sciroppata e ammalianti accenni di curcuma. Il sorso è tendenzialmente morbido, largo e materico, in cui ritornano le note di frutta a polpa gialla sciroppata. La chiusura compie un effetto a V, in quanto snellisce la corpulenza del vino grazie alla sua attinenza territoriale, una ricca sapidità che crea una persistenza lunga e accattivante, che funge da volano per la ricerca del nuovo sorso.
Si tratta di un vino perfettamente attinente alla traccia scritta dal territorio, che regala al Fiano immediatezza e opulenza.

Etichetta “Costa Baiano” 2017 e mappa del suo Cru nel Comune di Castelfranci – Copyright http://www.villaraiano.com

IRPINIA CAMPI TAURASINI DOC “COSTA BAIANO” 2016
100% Aglianico
Fermentazione in tini d’acciaio con macerazione di 10 giorni, poi il 50% in cemento e il 50% in anfore di terracotta per almeno 12 mesi.
Questo Cru di Aglianico nasce nel 2012 e proviene dal corpo centrale dei 9 ettari di vigneti che l’azienda possiede a Castelfranci. Le vigne sono poste, nella zona dell’Alta valle del Calore, in uno dei comuni che esprime le maggiori doti di alcolicità, potenza e tannicità di tutta la Denominazione. Queste caratteristiche vengono veicolate da vigne poste a 500 metri con suoli argillo-calcarei, ricchi di marne gialle e sostanza organica. L’approccio scelto per la vinificazione riesce a snellire notevolmente la “bizzosità” di queste uve, dandogli un carattere dinamico ma molto meno mascolino rispetto al solito. Il vino si presenta di un rosso rubino giovanile e vivace, specialmente nei riflessi che illuminano i bordi. Nella parte centrale denota un opacità sicuramente data dall’utilizzo dei vasi di cemento e terracotta, che tendono a “patinare” il colore. I profumi sono fragranti e sorprendentemente speziati, una speziatura naturale di pepe nero e liquirizia, che poi lascia spazio ad una dirompente florealità di giaggiolo. Il giocoso profilo olfattivo viene addolcito da una traccia di succo di lampone e mirtillo, molto gioviale e decisa. Il sorso è preciso e affida il suo scorrimento al succo di mirtillo; dal punto di vista tattile il tannino si rivela ottimamente estratto, maturo e ben definito. In pochi secondi il cavo orale viene irradiato da una progressione scattante e molto innovativa, considerando le caratteristiche del vitigno. Chiude rincorrendosi tra sapidità e succosità.
Una bevuta rapida e ficcante, che semplifica l’Aglianico, rendendolo meno tagliente, senza togliergli la tipica anima salina.

Questi sono 3 dei 5 Cru di Villa Raiano, ma sono un ottimo esempio per comprendere quanto la giacitura del terreno, il clima, l’esposizione e la mano dell’uomo possano modificare la caratteristiche del vitigno. Mi sento di fare un vero plauso a questa azienda moderna, lungimirante, che nel tempo ha saputo far esprimere ai suoi vini tutta l’unicità della loro provenienza, integrandosi genuinamente all’interno della reinassance dell’Irpinia del vino.

TheMarchian.

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