
Il Chianti è da sempre terra di uomini e donne veraci, collegati tra loro dalla nobile attitudine della caparbietà, una qualità che viene sublimata prevalentemente dall’arte dell’esser vignaioli. Tra queste splendide colline, la coltura della vite diviene un’arte vera e propria, che lentamente si tramanda di famiglia in famiglia; una lunghissima tradizione che però ha saputo lasciare spazio a chi si è integrato con umiltà e fame di conoscenza. Tanti “alloctoni” sono giunti nel Chianti per cercar fortuna con la produzione di vino, e il racconto di oggi mi porta proprio a narrare la storia di uno di questi stranieri che è rimasto incastrato tra le splendide vigne grevigiane. E’ il 1992 e Giovanni Battista d’Orsi (già laureatosi in agronomia all’Università di Napoli) arriva a Panzano in Chianti, qua viene rapito dall’amenità del paesaggio e dalla splendida attitudine qualitativa del nostro principe dei vitigni a bacca nera: il Sangiovese. Per cominciare, compra una parte della fattoria di Montigliari (completa di 4 ettari di vigneti e di un vecchio casale diroccato) e comincia a sviluppare la sua idea di viticoltura, che si concretizza nel 1993, quando imbottiglia la sua prima annata di Chianti Classico. Essendo Giovanni fortemente legato al concetto della salubrità dell’ambiente e del non utilizzo di pesticidi o prodotti di sintesi, nel 1994 ottiene la prima certificazione BIO di tutto il paese di Panzano (che dal 2005 diventerà un vero e proprio Bio-distretto, arrivando ad avere ben il 90% dei vigneti allevati con sistemi biologici e biodinamici). Questi primi passi servono a preparare il terreno per la sua ambiziosa idea vitivinicola: essere una piccola fattoria che produce vini di grande pregio. Un percorso lungo e faticoso, ma che in quasi 30 anni ha portato Giovanni e sua moglie Emilia a rafforzare sempre di più il legame con il territorio chiantigiano e a creare vini capaci di parlare alla perfezione il dialetto panzanese.

Per arrivare a Casaloste si può salire dal centro di Greve o si può scendere dal paese di Panzano, ma sempre viaggiando sulla strada regionale 222 (meglio conosciuta come Chiantigiana) e bisogna lasciarla all’altezza della località Montigliari (nel versante orientale di Panzano), e poi inerpicarsi attraverso la classica strada bianca, coperta di sassi e di avvallamenti, sino a giungere dinanzi alla corte che preannuncia la “Casa dell’Oste”. Questa via sembra essere antichissima, tanto da esser stata usata come direttrice dai viaggiatori provenienti da Siena, i quali prima di giungere a Firenze dovevano versare la tassa di ingresso a questa casa, che delimitava l’antico confine chiantigiano dell’odierno capoluogo toscano. Intorno ad essa, a mò di ferro di cavallo, si sviluppano i 10,5 ettari di vigneto di Casaloste, con la parte rivolta a nord-ovest (di ben 33 anni e ancora piantata con la concezione contadina della promiscuità dei vitigni) che racconta il profondo collegamento storico e spirituale con chi prima di Giovanni aveva curato questo lembo di terra. La parte est, è invece la più recente, piantata interamente da Giovanni, che l’ha declinata con un progetto più modernista (poco prima degli anni 2000) con un sesto d’impianto di 5.600 piante per ettaro ed una piccola frazione dedicata al Merlot. Allungando il collo si riesce anche a vedere il vigneto nel bosco (come si evince dalla figura 1), il preferito dai cinghiali, che amano cibarsi dei dolci acini di Sangiovese prodotti da queste piante. Questo quadrante di Panzano (zona est) ha un microclima particolarmente fresco e umido, mentre il terreno è composto da un profondissimo strato di argilla; fattori (i suddetti) che hanno determinato la scelta di un clone di Sangiovese che fosse poco vigoroso e dai grappoli spargoli, così da evitare i frequenti casi di virosi o muffe dovute ai ristagni di umidità.

Nella sua piccola cantina, Giovanni ha messo a punto la sua regola: fermentazione in tini di acciaio e poi maturazione in legno di diverse misure (tonneaux, barriques e botti grandi). Questa ricetta viene usata per tutte le sue etichette, poichè crede fermamente che il vino abbia bisogno di tranquillità per legarsi e completarsi; una combinazione che necessita di tempo, e che può scorrere solamente durante la maturazione in legno ed il successivo affinamento in bottiglia. Passando tra i legni vengo colpito dalla cura artigianale che viene esercitata su ogni singola botte, e posso facilmente immaginarmi Giovanni che passa in rassegna ognuno dei suoi “figliuoli”, decretandone con amore l’esatto momento della loro maturità.

La degustazione che segue la visita (eccellentemente curata da Cristina, colei che gestisce i tour in cantina) rappresenta per me un vero privilegio, poichè posso fare un raro excursus nella filosofia produttiva di Casaloste, guidato da tre ciceroni d’eccezione: Cristina, Emilia e Giovanni. Si parte dal Chianti Classico (adesso fuori con l’annata 2016) e si finisce con lo stupendo regalo di Giovanni, il suo adorato Chianti Classico Riserva 1996.

Chianti Classico DOCG 2016
90% Sangiovese + 10% Merlot vinificati in acciaio con rimontaggi e delestage. Il vino viene fatto maturare in tonneaux e barriques per circa 12/14 mesi. Il colore si presenta di un rosso rubino molto giovanile e senza l’alcun minimo cenno di spostamento verso il granato. I profumi mettono in evidenza la componente fruttata, molto vivace e fragrante, apportata dal tocco di Merlot, e poi si snodano su toni di violetta fresca, melograno e semi di mandarino. In bocca il sorso è tendenzialmente morbido, il tannino viene placato dal tono fruttato e l’acidità esalta la scorrevolezza del vino. Il finale è tutto sul fruttato, sviluppato prevalentemente intorno al ricordo del lampone schiacciato.
Chiantigiano, ma con brio!
Chianti Classico Riserva DOCG 2016
90% Sangiovese + 10% di altre uve a bacca nera, vinificati in acciaio con rimontaggi e delestage. A questo processo segue la maturazione per 18 mesi in barrique di Allier. Ha un bel colore vivido e compatto, che conserva nerbo e profondità. Al naso parte un po’ in sordina, come a contrassegnare il suo essere un vino da aspettare, ma poi si apre su sensazioni molto scure. I riconoscimenti olfattivi iniziali richiamano maggiormaente la parte fruttata (di succo di mirtillo), poi però si fanno largo i freschi fiori di violetta e la marcata speziatura dei chiodi di garofano. In bocca si dimostra un vino importante, sia per l’ottima struttura tannica che per la goduriosa progressione di un sorso armonioso e degnamente prolungato dalla ficcante sapidità. La chiusura si allunga per molti secondi, su riverberi di chiodi di garofano e sale Maldon che si uniscono in un nobile coacervo di lussuriose sensazioni aromatiche.
Un mix di attesa e genuinità!
Chianti Classico Gran Selezione “Don VincEnzo” DOCG 2013
100% Sangiovese fermentato in acciaio e poi spostato in barriques di Allier per svolgere la malolattica. La maturazione avviene per 18 mesi nelle stesse barriques e successivamente per altri 18 mesi in botti di rovere da 35 hl. Questa Gran Selezione proviene interamente dalla vecchia vigna di 33 anni, impiantata con il mitologico clone BBS11 (selezionato dalla famiglia Biondi-Santi). E’ l’annata attualmente in commercio, e si presenta con delle splendide tonalità scariche che deviano rapidamente verso il granato. Al naso si apre con loquacità, mettendo in successione un’affascinante sequenza di profumi che narrano l’anima più pura del Sangiovese. Scorza d’arancia, confettura di ciliegie, incenso, cuoio, cenere spenta e accenni di affumicatura, si legano abilmente con un sottofondo fresco e balsamico. In bocca il sorso è centrale, e si sviluppa intorno alle durezze tattili del vino. Tannicità e acidità sono sugli scudi, mostrando una struttura vivida e propositiva, pur essendo totalizzanti lasciano la parte aromatica libera di esprimersi con richiami di violetta appassita, cuoio e confettura di ciliegia. Il finale è molto lungo, esprime una sapidità affumicata (che ricorda la paprika) e poi si abbandona alla persistenza di arancia sanguinella e sigaro toscano.
Esempio, di come elevare il Sangiovese a vitigno di prelibata aderenza al territorio!
Toscana IGT “Don VincEnzo” 2015
100% Sangiovese fermentato in acciaio e poi spostato in barriques di Allier per svolgere la malolattica. La maturazione avviene per 18 mesi nelle stesse barriques e successivamente per altri 18 mesi in botti di rovere da 35 hl. Non più Gran Selezione, in segno di protesta da parte di Giovanni, che gentilmente mi fa sentire questa preview, non ancora sul mercato. Nel calice si mostra con un vivido rubino tendente al granato, immagine che raffigura precisamente il tono colorante del Sangiovese. Al naso è meno pronto del precedente, ma si fa largo con sensazioni nette e distintive. Salsa di soia, violetta, prugna succosa, mallo di noce e cannella, inondano le cavità nasali esprimendo con i profumi la dimensione concentrata dell’annata 2015. In bocca mostra i muscoli, sviluppando il sorso intorno all’impalcatura tannica, che monopolizza (momentaneamente) il suo passaggio sulla lingua. Lo sviluppo aromatico mette insieme la florealità della violetta, sferzata da continui lampi di arancia amara. Nella faringe si esalta attraverso un’estrema sapidità, che si lega con una persistenza notevolmente pepata e piccante.
Potenza e ragionamento di un’annata carica e fruttata, che non snatura la sua indole!
Toscana IGT “Inversus” 2016
90% Merlot + 10% Sangiovese vinificati in acciaio con estrazione soffice dei polifenoli dalle bucce attraverso tecniche come delestage e macroboulage. La successiva fermentazione malolattica avviene in barriques di Allier, con batonage e microssigenazione. La maturazione prosegue per circa 16 mesi. Un IGT nato per celebrare la particolare condizione di suo figlio Federico, nato con gli organi interni posizionati in modo inversamente speculare, che quindi vede il Merlot dominare la scena al posto del Sangiovese. Il colore è fitto e con sfumature ancora purpuree. Al naso si presenta con un ampio respiro floreale (di rosa rossa) vivacizzato da tocchi di pepe verde sotto salamoia, caramella alla menta e gelè di mirtillo. In bocca rivela l’eleganza della 2016, che esalta le doti rinfrescanti e meno stancanti del Merlot chiantigiano. Un buon tannino crea la presa intorno alla lingua e la fresca parte fruttata accompagna lo scorrimento sino alla gustosa deglutizione. La persistenza è lunga, imperniata su toni di mirtilli e more selvatiche.
Quando anche gli internazionali si piegano al volere del territorio!
Toscana IGT “Inversus” 2015
90% Merlot + 10% Sangiovese vinificati in acciaio con estrazione soffice dei polifenoli dalle bucce attraverso tecniche come delestage e macroboulage. La successiva fermentazione malolattica avviene in barriques di Allier, con batonage e microssigenazione. La maturazione prosegue per circa 16 mesi. La materia di quest’annata si presenta immediatamente con un colore ed una densità notevolmente incrementate, rispetto alla 2016. Il colore è sempre molto scanzonato, fatto di vivaci riverberi purpurei. Le suggestioni olfattive richiamano note di cola, canfora, tabacco dolce, vaniglia e cannella. In bocca invece il vino devia su toni di polvere di pepe nero, liquirizia e cardamomo, mentre la morbidezza del sorso crea un’ottima armonia. La chiusura si impossessa del fruttato di susina rossa, un ottimo sviluppo che rinfresca la ricca materia del vino.
Corpo e prontezza, un’espressione meno cerebrale e molto godereccia!
Chianti Classico Riserva DOCG “Don VincEnzo” 1996
100% Sangiovese fermentato in acciaio e poi spostato in barriques di Allier per svolgere la malolattica. La maturazione avviene per 18 mesi nelle stesse barriques e successivamente per altri 18 mesi in botti di rovere da 35 hl. La seconda annata di Don VincEnzo, un vino nato per celebrare l’unione generazionale, disegnata in etichetta, tra suo padre Vincenzo e il suo primo figlio maschio. Dopo una doverosa scaraffata (nel decanter) questa Riserva ’96 si dichiara con un conturbante granato scarico, che vivacemente devia verso il nobile aranciato. L’esordio olfattivo è mentolato, a cui seguono toni di te earl grey, infusi di erbe essiccate, scorza d’arancia e goudron. Si raffina con il passare dei minuti ed esprime mallo di noce, viole e rose secche, prugna secca e polvere di caffè. La bocca è sensazionale, dimostra con grazia quanto lo scorrere del tempo sia un fedele compagno dei vini che nascono per diventare grandissimi! L’ossutezza del sorso potrebbe tradire la struttura del vino, che invece si dimostra ancora scattante e giocosa. Il delizioso aroma dell’arancia sanguinella attraversa il palato dall’inizio alla fine, lasciando per il momento della deglutizione l’esplosione della polvere pirica e del caffè appena macinato. Prosegue nella faringe senza mai stancarsi, anzi, proponendo un interminabile salinità che ricorda precisamente l’acqua d’ostriche.
Un fantastico gioiello, che narra l’intuizione di Giovanni nei confronti della classe sconfinata del Sangiovese!
Dopo questo splendido viaggio nella filosofia di Casaloste, non mi rimane che donarvi il mio umile pensiero su quanto ho evinto dalla lunga chiacchierata con Giovanni Battista d’Orsi. Ciò che realmente importa nella vita non è da dove si viene, ma dove si vuole andare, e lui è riuscito ad arrivare in terra panzanese portando la sana veracità che fa parte del suo instancabile e sognatore animo partenopeo!

TheMarchian.