
Giacomo Tachis amava ripetere un suo dogma: “..ogni vitigno internazionale che cresce in questa terra, dopo qualche anno muta, adattandosi al clima e al territorio e finisce col “chiantigianizzare” il suo sapore..”. Anche se queste forse non erano le sue esatte parole, credo che sia molto importante sottolineare come la nostra terra toscana sappia infondere il suo timbro caratteriale, in ogni forma di vita che entri in contatto con questo ambiente così tradizionale e ancora molto selvatico. Così anche la vite non può esimersi dal modulare le caratteristiche fenologiche e colturali, per crescere e prosperare in un ambiente diverso dal suo ancestrale luogo di nascita. È semplicemente straordinario come questo fenomeno naturalistico riesca poi a sintetizzarsi nel sapore del succo d’uva che nasce da queste magnifiche piante. Un fulgido esempio di cotanta capacità unificatrice mi si è palesato quando ho approcciato il vino di oggi, il Sammarco 2012 di Castello dei Rampolla. Un vino di lungo corso, che ha intrecciato la sua storia con le mani della famiglia Di Napoli Rampolla e con l’acume del sopracitato “mescolavin” (Giacomo Tachis), un percorso che ha unito il Cabernet Sauvignon (in maggioranza) ed il Sangiovese, ed in piccola parte al Merlot. Questo matrimonio è avvenuto nei vigneti dell’assolata Panzano (frazione del comune di Greve in Chianti), nel versante sud, dove si incunea la mitologica Conca d’oro.

Nacque nel 1980 grazie al sogno di Alceo, che insieme al maestro Tachis mise a punto il primo taglio del Sammarco (75% Cabernet Sauvignon + 25% Sangiovese), una rappresentazione di coabitazione gustativa tra il nuovo che avanza ed il vecchio che si fa da parte. Seguendo il percorso di adattamento del Cabernet, il blend si è modificato, tanto che oggi esso rappresenta il 90% del vino, mentre Sangiovese e Merlot si spartiscono, da parimenti, il restante 10%. Ebbene sì, il dogma di Tachis era corretto, quel vitigno francofono che tanto voleva strafare, ha finito per adattarsi all’influenza panzanese, tanto che il suo gusto ed il suo colore si sono ingentiliti, rendendolo un efficace trasduttore del terroir del Castello dei Rampolla.

Toscana IGT “Sammarco” 2012
90% Cabernet Sauvignon + 5% Sangiovese + 5% Merlot, vinificati in cemento per circa 3 mesi e poi maturati in tonneaux, barriques e botti da 12 Hl per 12-15 mesi. Prima di uscire sul mercato affronta ulteriori 18-24 mesi per placare la sua proverbiale tannicità.
La 2012 è stata un’annata calda, che ad oggi ha fatto maturare precocemente molti dei vini che ho avuto modo di assaggiare negli ultimi mesi, ma questo Sammarco è in forma smagliante, anzi ancora abbastanza in erba. Si presenta con un bel rubino intenso che tende verso il granato, non è troppo fitto, anzi si lascia attraversare dalla luce con molta facilità. Al naso è dotato di una mirabile intensità, che esalta l’innalzarsi dei molti profumi da cui è composto. Il primo impatto è un po’ chiuso e fugace, riconosco la salamoia, le olive nere ed una forte balsamicità mentolata. Poi si apre con grazia su rimandi al tabacco e al legno di cedro, infine si sofferma su note di incenso, origano secco e mora di gelso. In bocca è un vino sontuoso, quasi borghese, ha un ottimo grip tannico, che dona energia e vivacità al sorso. Nel cavo orale riecheggiano aromi territoriali di rame e agrumi, che preannunciano una, inizialmente nascosta, buona acidità. Dopo aver regalato ampiezza gustativa, scorre nella faringe dove crea una lunghissima persistenza che sa di legno di cedro, mora di gelso e soprattutto di arancia amara.
Da abbinare con un maestoso filetto alla Wellington, servito con zucca e cavolfiori al forno, saprà adornare una perfetta cena di festeggiamento.
Così, sono testimone di un Cabernet che sà di Toscana, anzi di Santa Lucia in Faulle!

TheMarchian.