Una mattinata a Castelvecchio

Il Chianti è una denominazione grande e dispersiva, che raccoglie al suo interno quasi tutta la Toscana centrale. Un meltin pot di territori, ambienti e tradizioni uniti sotto l’egida di un marchio conosciuto ma che sta facendo un po’ di fatica a imporsi a livello qualitativo. Uno degli areali più continui e affascinanti è quello dei Colli fiorentini, che poco dista dalla reale zona chiantigiana che separa Firenze da Siena. Qui le colline sono più dolci e antropizzate, con altitudini minori e soprattutto con terreni molto diversi. Me ne rendo conto mentre percorro le curve che mi porteranno alla Fattoria di Castelvecchio, lungo il percorso butto gli occhi ai bordi della strada e vedo le vigne di Sangiovese che sono letteralmente incastonate dentro a cumuli di sassi, ciottoli e massi dalle forme sferiche e ovalizzate. Questi pittoreschi terreni – di origine pliocenica – si formarono dagli antichi fiumi che attraversavano queste lingue di terra, e che nel corso dei millenni hanno trasportato il materiale pietroso che era presente sulle sommità delle colline. Una volta entrato dalla ripida strada di ingresso mi trovo di fronte un’antica chiesetta che risale addirittura all’anno 1.100, poiché dove oggi si trova Castelvecchio mille anni fa c’era un insediamento che dominava il versante che oggi guarda San Quirico in Collina. Giungo davanti all’entrata della cantina e incontro Filippo (il proprietario), Jacopo (mio ex compagno delle superiori, oggi cantiniere) ed Elisa (amica di AIS Firenze che si occupa dell’ospitalità). Filippo e Jacopo mi danno il benvenuto e mi lasciano nelle mani di Elisa, che con molta energia mi guida alla scoperta della cantina. Dopo essermi affascinato dinanzi alla vecchia cantina di vinificazione – risalente al 12esimo secolo – saliamo le scale che portano alla sala degustazione.

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Prima dell’assaggio Elisa mi porta sulla grande terrazza, dove rimango incantato per qualche secondo nell’ammirare lo splendido panorama. Mentre lei va dentro a preparare la sala io rimango ancora qualche minuto ad ascoltare la tranquillità dell’ambiente circostante, i suoni del fruscio delle fronde e le dolci tortore di passaggio creano un momento ovattato, in cui il tempo sembra fermarsi per qualche istante. Anche se il vino mi chiama a se, sento qualcosa che mi trattiene, forse è un sentimento di estrema rilassatezza che calmo e gentile mi dice di rimanere ancora qua, di fronte allo spettacolo della natura dove il corpo si ricongiunge con lo spirito. Ecco che allora lo spirito comanda il mio apparato salivare, sento che si sta seccando perciò è giunto il momento di estrarre il blocchetto degli appunti e di cominciare la degustazione.

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CHIANTI COLLI FIORENTINI RISERVA DOCG “VIGNA LA QUERCIA” 2015
(90% Sangiovese, 10% Cabernet Sauvignon)
Questa Riserva nasce da una vigna esposta a sud-est che guarda verso Santa Cristina in Volpole, in cui le piante di Sangiovese crescono incastonate all’interno di un suolo totalmente sassoso, mentre il Cabernet Sauvignon poco più a fianco in una vigna più vicina al bosco. L’esposizione perfetta e la morfologia di questo territorio danno al Sangiovese forza e ricchezza in alcol, e lo rendono capace di affrontare una maturazione di 12 mesi in barrique di 2° e 3° passaggio. L’impatto visivo mi aggrada fin dal primo sguardo, poiché si presenta di un rosso rubino squillante solcato dalle identitarie sfumature del Sangiovese toscano. I profumi sono essenziali e grintosi e mettono in evidenza ciliegia sotto spirito, scorza di arancia amara, viola leggermente appassita, chiodi di garofano ed ematicità. Il sorso è nerboluto, con un ingresso un po’amaricante che si spiega quando entra in gioco il forte impatto tannico. La parte aromatica ferma un attimo, per poi apparire dopo la deglutizione, quando gelè di lamponi e tocchi di cannella allungano molto la persistenza aromatica del vino. Ancora da aspettare, per permettergli di mettere in mostra la sua spina dorsale acida che adesso è un po’ serrata dal tannino.

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“NUMERO 8” IGT 2016
(100% Canaiolo)
Frutto della vinificazione di un unico vigneto di ben 45 anni, questo Canaiolo in purezza è nato nel 2003 per mettere sul piedistallo un vitigno importante ma che spesso viene snobbato perché più conosciuto in blend con il Sangiovese piuttosto che in purezza. In questo caso il patrimonio delle vigne vecchie è essenziale per produrre un vino profondo ed elegante in grado di poter sostare per 8 mesi in barrique usate, senza venire coperto dai tratti tostati. Il colore è scarico, vivace e luminoso, proprio come deve esse il Canaiolo. Il profilo olfattivo è ancora un po’ timido e inizialmente presenta un tratto austero che rende difficile individuare i profumi che lo compongono. Dopo qualche istante di attesa si apre e comunica una serie di sensazioni molto rinfrescanti come il mapò, la canfora, la lavanda e il succo di ribes. In bocca è molto balsamico, in cui la florealità di lavanda rende il sorso femminile e discreto. La componente tannica è impercepibile, rendendo lo scorrimento pieno e delicato, conclude persistente su richiami aromatici di arancia sanguinella e incenso. Perfetto, sensuale e super godurioso, un vino con una beva veramente compulsiva.

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“SOLO UNO” IGT 2010
(100% Sangiovese)
The very best of… direbbero gli inglesi pensando a questo vino, esso infatti rappresenta solo il meglio delle varie selezioni di Sangiovese aziendale che matura in tonneau borgognoni nuovi per 15-18 mesi. Questo 2010, frutto di una bella annata mostra nel colore lo scorrere del tempo, infatti comincia a macchiarsi di affascinanti sfumature granate. Il corredo olfattivo parte molto in sordina, compresso da un insolito tratto ossidativo. Ma è soltanto un riscaldamento, perché dopo qualche minuto comincia la sua travolgente scalata verso l’olimpo dei miei profumi ideali. Come uno spillo appare il sentore di mandarino verde, che poi lascia il passo ad accenni balsamici che squarciano il bouquet facendo apparire toni di tabacco da pipa, sigaro spento e violetta appassita. In bocca è un vino teso, verticale, che si muove abilmente sui binari imposti dalla spalla acida che si rallenta solamente a centro bocca, quando il tannino si palesa e spancia un po’ la centralità del sorso. Il suo animo fresco e ossuto si ripropone una volta superato l’impatto tannico e va a chiudere la bevuta con una persistenza soave, giocata a due mani tra gelè di ciliegia e arancia sanguinella. Un concentrato di essenza toscana, l’acidità.

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“IL BRECCIOLINO” IGT 2013
(70% Merlot, 20% Petit Verdot, 10% Sangiovese)
È un blend che cambia di anno in anno, in base all’annata e al diverso andamento delle 3 varietà impiegate. L’annata difficile – qua molto calda – fa si che i primi istanti il vino devi su toni un po’ cotti che si palesano sia alla vista che all’olfatto. Il profilo olfattivo inizialmente è chiuso e serrato su toni di mela cotta, poi piano piano si spoglia di questo ingombro e in successione appaiono: friggitello grigliato, creme de cassis, castagna tostata, liquirizia e sottobosco. In bocca entra con snellezza che scompare appena entra in partita il tannino, un campione di potenza, larghezza e polverosità. Dopo questa brusca interruzione ritorna sui giusti binari rivelando la grazia del succo di mirtillo e una salivazione – data dalla sapidità – decisamente irreprensibile. Ricco, conturbante e strutturato, non l’annata migliore, ma riesce  difendersi egregiamente.

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VINSANTO DEL CHIANTI DOC “CHIACCHIERATA NOTTURNA” 2004
(70% Trebbiano, 30% Sangiovese)
La magia del Vinsanto, un concentrato di pazienza, tempo, esperienza e fortuna, questo è il “Chiacchierata Notturna” 2004 che sto per assaggiare, poiché il vino posto all’interno dei caratelli vive e fa il suo corso durante ben 11 anni di buio e isolazione totale. Un’infinità di giorni in solitudine che servono al vino per arricchirsi di sfaccettature in grado di affascinare il curioso assaggiatore. Questo Vinsanto, imbottigliato nel 2015, risulta molto balsamico, con richiami di lavanda secca, gelsomino, vaniglia e limone candito. In bocca sorprende per come riesce a far coesistere scorrevolezza a pienezza e complessità aromatica. La chiusura del sorso è bellissima, animata da un dinamico duetto tra miele millefiori e cenere spenta, che riescono a rendere la bocca pulita e pronta per un altro sorso godurioso. Non troppo dolce, ideale con formaggi blu di capra o con rocher di fegato e nocciole.

Prima di lasciare Castelvecchio ho l’occasione di scambiare due chiacchiere con Filippo, che poi mi lascia andare tra le vigne scortato da Jacopo ed Elisa per poter ammirare il lavoro di un anno che tra qualche giorno si concretizzerà nella produzione della nuova annata. Le uve sono molto belle e i filari sono pronti per accogliere la vendemmia, incrocio le dita e gli faccio un grande in bocca al lupo, perché chi lotta quotidianamente per la massima qualità ha il diritto di realizzare i propri sogni.


TheMarchian.

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