
Percorro tanto sterrato prima di giungere nella tranquillità di Cafaggio, che discretamente sembra proteggersi dal rumore e dalla confusione delle vie maestre. Qui dove secoli fa sorgeva un’imponente basilica (da cui i monaci Benedettini di Siena dominavano le colline che precedono il piccolo borgo di Panzano in Chianti) oggi sorge una virtuosa realtà vinicola, resa famosa dall’eccentrico e visionario Stefano Farkas. L’odierna Villa Cafaggio (dal 2016 di proprietà di ISA S.p.a.) è un virtuoso esempio di come sia possibile coniugare l’alta produzione numerica alla ricerca della migliore qualità possibile. Sembra qualcosa di già scritto, letto e sentito, ma sono di fronte ad un contesto in cui si percepisce un reale senso di purezza, che fa da contrappeso agli accecanti riflettori del jet-set del Chianti Classico. La conformazione del territorio aiuta nel farmi sentire cullato da quel senso di pace che circonda le colline e le vigne del selvatico panorama chiantigiano, tanto che mi perdo per qualche istante nell’osservare le pendenze dei vigneti e la vegetazione che li circonda. Poco a poco la sete di curiosità aumenta e la voglia di varcare la porta di ingresso diventa una vera e propria necessità psico-fisica. Con fare guardingo scorgo Irene (la mia guida per la giornata) e insieme percorriamo tutti i momenti che precedono l’imbottigliamento dei vini di Cafaggio. Partiamo da un rapido sguardo alle vigne – impianti di una 25ina di anni, che mostrano con fierezza i loro tronchi nerboruti – poi proseguiamo verso la cantina di vinificazione dove i prodi operai stanno finendo di vendemmiare il Merlot che andrà a comporre il “Basilica del Pruneto”. Passiamo i grandi silos d’acciaio – che vengono usati per la fermentazione tumultuosa – e andiamo all’interno dove un iconico residuato di tini in cemento rappresenta l’ultimo step di ossigenazione che il vino affronta prima di venire trasferito nell’ambiente riduttivo della bottiglia. Scendiamo qualche metro e ci ritroviamo di fronte ad un arsenale di botti grandi (da 65 hl) in cui stanno maturando silenziosamente i Chianti Classico del prossimo futuro. Le stanze sono grandi e accuratamente nascoste al disotto del livello del terreno, una scelta vincente che mette in luce la filosofia aziendale, volta a far emergere il territorio e le sue caratteristiche attraverso uno stile sobrio e originale guidato da due puristi come Ruggero Mazzilli (Agronomo) e Giuseppe Caviola (Enologo).
Ancora qualche passo e ci avviciniamo alla sala di degustazione, dove su un lungo tavolo sostano impazienti le sei bottiglie della linea di Cafaggio. Prendo posto sulla tipica sedia impagliata e aspetto che Irene mi serva la folta batteria in assaggio.CHIANTI CLASSICO DOCG 2016
(100% Sangiovese)
Un vino che giustifica in modo eccellente la volontà aziendale di lavorare attraverso vinificazioni in purezza, dalle quali può trasparire solamente l’essenza delle uve di partenza. Come da sceneggiatura mi si para davanti un vino che esprime le migliori doti del Sangiovese chiantigiano. Il colore è lieve, di un vivace rosso rubino semi trasparente. I profumi sono schietti e dominati dalla tipica florealità della viola mammola che gentilmente passa il testimone a ciliegia appena raccolta, refoli balsamici e lievi ricordi di pepe nero. Il sorso è longilineo, scorrevole e molto beverino con un’impronta tannica quasi impercettibile che lascia spazio ad un’ottima scia floreale nella retro-olfattiva. Da abbinare senza indugi ad una bistecca di Chianina cotta alla Panzanese.
CHIANTI CLASSICO RISERVA DOCG 2015
(100% Sangiovese)
La Riserva ha maggiore profondità sia a livello di massa colorante che a livello di struttura e complessità aromatica. La prima impressione olfattiva è quella dell’austerità (situazione che definisco in base all’apparente compressione dei profumi) che domina e lascia le mie narici aride di riconoscimenti olfattivi. Dopo qualche giravolta nel calice comincia a comunicare e lo fa utilizzando i descrittori che denotano l’affinamento del Sangiovese; note di terra bagnata e sottobosco si fondono con toni di scorza d’arancia, cuoio e viola macerata. In bocca sembra non patire timidezza e si presenta con grande entusiasmo guidato da una decisa acidità che fa vibrare le papille della lingua e mi dona una splendida persistenza aromatica incentrata sulla caratteristica nota di arancia sanguinella. Tipico e scattante sarebbe elegantissimo in abbinamento ad un lonzino di maiale con salsa agrodolce e insalata di puntarelle romane.
CHIANTI CLASSICO RISERVA DOCG BASILICA SOLATIO 2014
(100% Sangiovese)
Frutto di un’annata più fresca e meno estratta questa riserva, da singolo vigneto, mette in luce caratteristiche di estrema femminilità abbinate a tratti speziati eleganti e non esasperati. Si presenta con un colore scarichissimo, dalle sembianze soavi e garbate. I profumi sono pienamente sviluppati, e dimostrano un’ampiezza grintosa che mette in risalto note balsamiche di liquirizia e canfora, poi succo di albicocca, terriccio e tracce di pepe nero appena macinato. In bocca è un vino serrato da due morse: in primo luogo dal tannino intenso e asciugante e in secondo luogo dalla sferzante acidità. Le sensazioni tattili donano al vino energia, scorrevolezza e verticalità che vanno ad unirsi in sposalizio con tratti aromatici di arancia sanguinella e gelè di lampone. Sontuoso ed elegante, vivido e non eccessivo lo berrei volentieri accanto ad un petto di piccione e purè.
CHIANTI CLASSICO RISERVA DOCG BASILICA SAN MARTINO 2014
(85% Sangiovese, 10% Cabernet Sauvignon, 5% Cabernet Franc)
La terza Riserva di casa Cafaggio nasce dalla raccolta di un unico vigneto in cui sono presenti anche piccole parti di Cabernet Sauvignon e Franc, che mettono in evidenza l’ormai passata invasione internazionale durante l’epopea dei Supertuscan. Potente e più ricco si presenta di un rubino bluastro più cupo e profondo, manifestando corpo e densità maggiori rispetto ai precedenti. Al naso esordisce con note di mora di rovo e ribes nero, a cui abbina tratti boschivi che richiamano le foglie di quercia secche e decisi tocchi di legno di cedro. In bocca mette in mostra un sorso forte in cui gli aspetti tattili sono in decisa evidenza, con i tannini (donati dai Cabernet) che acuiscono la polverosità sulla lingua. Lo sviluppo è fitto e voluminoso, in cui ritornano i frutti di bosco scuri percepiti al naso, chiude con una lunga persistenza elegantemente tostata. Decisa e potente questa Riserva è da serbare per futuro godimento, altresì sarebbe ideale abbinata ad uno spezzatino di manzo con porri e riduzione al Chianti Classico.
BASILICA DEL PRUNETO IGT 2014
(100% Merlot)
In questo vino ritorna la ricerca della pura espressione del vitigno e mi trovo davanti ad un Merlot che ha trovato uno scampolo di vigna argillosa che si affaccia sulla “Conca d’Oro”. Il vitigno d’oltralpe si è ben adattato all’ambiente pedoclimatico chiantigiano e si esprime nel calice misurando la sua esuberante rotondità, mettendola al servizio di eleganza e sottigliezza. Il bel colore non troppo denso mi fa subito una bella impressione, che spero verrà mantenuta dai prossimi passaggi analitici. I profumi sono svelti e frenetici, in rapida successione percepisco scorza d’arancia, mapò, rosa rossa, lievi sbuffi peperonati e tanta balsamicità di chiodi di garofano e cardamomo che descrivono la maturazione in legno piccolo. Il sorso è snello, impensabilente corroborante e svelto, viene arricchito da una decisa trama di speziature e tostature dolciastre che rimandano a cioccolato bianco e cannella. È un Merlot d’altura che per piacevolezza si beve benissimo da solo, ma che può essere abbinato con grande successo ad un piatto di tortelloni di patate con ragù e noce moscata.
BASILICA DEL CORTACCIO IGT 2014
(100% Cabernet Sauvignon)
L’altro vino Cru di Cafaggio è a base di Cabernet Sauvignon, vitigno ostico da portare a maturazione e ricco di sostanze fenoliche quali polifenoli e antociani, che qui in azienda ha trovato una vigna di 4 ettari in cui si è adattato pur mantenendo il suo forte carattere maschile e profondo. La sua anima dark emerge fin dal primo approccio visivo che racconta un colore simile alla crême de cassis, dai toni più bluastri che rossastri. Al naso si esprime con fare elegante e suadente, portandomi alla mente ricordi di mora di rovo, ruggine, carne fresca, fiori di rosmarino e scatola da sigari. In bocca è pieno, voluminoso, arrembante (per via dell’acidità) ed impattante per via della robusta trama tannica. Un attimo prima della deglutizione diventa carnaceo e ferroso, riportando alla mente la caratteriale apertura olfattiva, un momento dopo chiude con una lunga persistenza su spiccati toni minerali di grafite. Questo Cabernet dal carattere mascolino nasconde un’eleganza che uscirà solo con il tempo e per adesso è da abbinare ad una pietanza autunno-invernale (che possa sostenere la sua ricchezza di struttura tattile) come il cinghiale in umido con tartufo nero delle crete senesi.
TheMarchian.