
Quando parliamo di grandi bollicine tutti, immediatamente, pensiamo a quei concentrati di anidride carbonica ed oro liquido, che storicamente bagnano i festeggiamenti. Da sempre simbolo di lusso e sregolatezza. Se in Francia l’emblema, di tale categoria, sono gli Champagne, in Italia troviamo i grandi Metodo Classico trentini o lombardi. In particolare in terra trentina si trova quello che da molti è considerato il miglior metodo classico italiano: il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore, prodotto dalla famiglia Lunelli. Esso riesce ogni anno a mettere d’accordo critici ed esperti, classificandosi sempre sul gradino più alto del podio degli spumanti italiani. Personalmente, lo colloco addirittura sopra alcuni champagne francesi molto più blasonati. Si tratta di un vino affascinante, che merita una giusta prefazione per riuscire a comprenderne ogni sfaccettatura. Innanzitutto partendo dall’analisi del nome, esso infatti è dedicato al fondatore dell’azienda: Giulio Ferrari. Lui nel 1902 decise di cominciare a produrre spumanti metodo classico, in terra trentina, impiantandovi le prime vigne di Chardonnay; pensando che questo terroir fosse perfetto per la produzione di vini di altissima qualità. Non a caso la famiglia Lunelli, ai quali è stata tramandata l’azienda, gli ha dedicato il prodotto di punta, che rappresenta al meglio la loro filosofia: l’ossessiva ricerca dell’eccellenza. Nato, nel 1972, dalla voglia di dimostrare che lo Chardonnay trentino potesse superare la sfida del tempo; si tratta di un vino che riposa sui lieviti, nel buio delle canine Ferrari, per ben dieci anni. Le uve che lo compongono provengono unicamente dal vigneto di Maso Pianizza a 600 metri di quota con esposizione a sud-ovest. Insomma, un processo che testimonia in pieno la grande attenzione e minuziosità che servono per creare un vero mito. Lo scorso anno, in uno dei miei tanti giri per enoteche, ne ho scovato una bottiglia del 2000, quindi incuriosito ed affascinato non son riuscito a trattenermi e l’ho acquistata. La voglia di aprirla all’istante era tanta, poichè volevo scoprire se il suo blasone era giustificato o meno. Saggiamente, decisi di conservarla per aprirla durante un avvenimento importante. Scelsi la cena della vigilia di Natale, nella quale tradizionalmente consumiamo piatti a base di pesce, per andare a scoprire la ricchezza del “Giulio”. Devo ammettere che ero un po’ intimorito dal trovarmi di fronte uno spumante di così alto livello, non sapevo bene cosa aspettarmi dalla degustazione ed avevo la paura matta che l’ossidazione lo avesse già portato via. Timori spazzati via appena stappai la bottiglia, poichè la forza delle atmosfere all’interno ancora spingeva con forza il tappo verso la mia mano. Nel versarlo rimasi subito estasiato dal colore…era vestito di un compatto e brillante giallo dorato, come un lingotto, con un perlage di una finezza mai vista, quasi a simboleggiare fin da subito le sue innate caratteristiche. Caratteristiche che a livello olfattivo creavano un turbinio ordinato di molteplici sensazioni. Da subito di grande intensità, creava una serie di riconoscimenti olfattivi legati al lungo affinamento sui propri lieviti, riscontrabili nei sentori di pasticceria, pasta lievitata, vaniglia e burro fuso. Aspettando qualche minuto cambiava, proponendo note di fiori gialli, miele d’acacia poi agrumi canditi e cioccolato bianco. Per proseguire su leggere note di frutta secca tostata e miele di castagno. Il bello è, che dopo un quadro olfattivo di questo spessore, che già potrebbe lasciare appagati, il vino creava la sua personale ed unica magia quando andava a percorrere il cavo orale. In sorso era pieno ed equilibrato con una sensazione vellutata creata dalla morbidissima spuma, mantenuta in perfetto equilibrio da un’acidità ancora ben presente. Qua si ritrovavano tutti gli aromi di bocca, con la nota di agrume candito a capitanare il tutto. Io sarei stato a posto anche così, invece il “Giulio” ha voluto concedermi ancora un’altra sorpresa: la persistenza!! Esattamente, perchè da uno spumante ci aspettiamo che sia vibrante ed accattivante, quasi esuberante grazie alle sue bollicine, non certo che abbia anche una persistenza che vada oltre i dieci secondi. Come dicevo la sua lunghezza, era capace di creare un momento di interminabile e puro godimento. Sembrava come se in quel momento avessimo davanti a noi un saggio, che grazie alla sua dialettica riesce ad entrarti prima nella testa e poi nell’anima. Avrei voluto che quella bottiglia non finisse mai…era tutto così perfettamente equilibrato, elegante, ricco e delicato. Purtroppo, le bottiglie sono fatte per essere finite, ma come amo dire io quando si è di fronte ad un “once in a lifetime” il ricordo che lascia rimane indelebilmente scolpito dentro di noi. Missione riuscita “Giulio”, sei stato il primo grande Spumante che è riuscito ad entrare nel mio cuore!!
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