
Stiamo dibattendo, con piglio e trasporto, sulle anteprime delle nuove annate, che abbiamo appena finito di degustare…quando ecco tornare Martino con una bottiglia tutta impolverata.
Io, preso dalla sfrenata curiosità, smetto all’istante di ascoltare i miei compagni di viaggio, per concentrarmi totalmente sui precisi movimenti del padrone di casa, che con garbo appoggia la bottiglia sul bancone e provvede a stapparla.
Tutti si fermano, quando si avvicina al tavolo, con questo pezzo di storia tra le mani.
“Allora!” esclama, ” questo è il CANNAIO DI MONTEVERTINE 1992, che, data la vostra curiosità di conoscere, adesso vi presento: prevalentemente Sangioveto (biotipo chiantigiano del Sangiovese) unito a poco poco Canaiolo, prodotto , fino al 2004, in esclusiva per Giorgio Pinchiorri”.
Emozionati per questa privilegiata possibilità, tendiamo i nostri calici verso di lui, che premurosamente li riempie facendo molta attenzione a non farvi cadere neanche una minima parte di deposito.
Se ne versa un po’ per se e per sua moglie Liviana dicendo:” Siete anche fortunati, il vino è in perfette condizioni! Quindi avrete il piacere di degustare, al meglio, l’espressione di un’unica vigna (il cannaio) da cui, in questa annata, vennero prodotte solamente 626 bottiglie”.
“Grazie Martino!” esclamiamo all’unisono, “degusteremo e ci godremo al massimo questo esclusivo prodotto, da voi così faticosamente creato”.
Come un ventiseienne appena svegliato, ha bisogno di qualche minuto per destarsi dal lungo letargo e donarsi al dialogo; in questi secondi di sospensione ed attesa, una nota su tutte mi colpisce: l’incenso, si proprio la resina utilizzata durante le liturgie, che immediatamente mi fa capire di avere a che fare con l’ennesimo cavallo di razza della scuderia Manetti.
Fatica nel mostrarci fin da subito la sua personalità, perciò decidiamo di assecondare questa poca confidenza passando ad un’attenta osservazione visiva.
Non troppo consistente, si veste di un rosso rubino vivace e luminoso, capace di rapirci per la grazia e la setosità dei suoi movimenti nel calice.
Finalmente comincia a scrollarsi di dosso la timidezza, per concedersi ad un dialogo fitto e ricco di spunti interessanti, sui quali confrontarci.
Si muove progressivamente tra erbe officinali, ruta, caramella al rabarbaro, amaro cent’erbe e note chinate. Poi si distende su ricordi balsamici di: canfora, alloro, menta e fiori secchi. In continuo cambiamento, parte da prugna secca e carne cruda sino ad arrivare a ciliegia e scorza d’agrume. Qualche tocco di caminetto spento e sigaro completano un mosaico aromatico complesso e stratificato, che sembra ringiovanire ad ogni olfazione.
Nel tanto atteso momento dell’assaggio, si concede con una beva straordinaria, piacevole e dinamico si mostra fresco, grazie ai coerenti ritorni di frutta rossa ed arancia sanguinella. Lungo e stimolante, ci dimostra la vera essenza del Sangiovese raddese, scalpitante in gioventù ma anche vivace ed intrigante dopo qualche anno di attesa.
Noi, “colpiti ed affondati” da questa rara perla di casa Montevertine, ci guardiamo soddisfatti ed ammirati, per aver avuto la possibilità di vivere una straordinaria esperienza; partita dalla visita mattutina (tra botti, vasche di cemento, polvere e tanta artigianalità) e conclusasi nella suggestiva saletta degustazioni, proprio accanto la cantina privata (ove riposano le riserve familiari).
Grazie a Martino, Liviana, Gloria ed Ilaria per averci permesso di entrare, per scoprire con mano (e con bocca) da dove parte la leggenda di Montevertine, dal 1968 portabandiera del carattere raddese ed incarnazione terrena di eleganza, passione, grinta e longevità.
TheMarchian.